La sicurezza sui binari: "I martiri di Viareggio hanno fatto aprire gli occhi ai manager"

De Angelis, macchinista licenziato: "Tante cose sono cambiate. Ma ancora non è sufficiente, c’è ancora molta strada da fare".

La sicurezza sui binari: "I martiri di Viareggio hanno fatto aprire gli occhi ai manager"

La sicurezza sui binari: "I martiri di Viareggio hanno fatto aprire gli occhi ai manager"

La storia di Dante De Angelis è una storia di lotte per i diritti dei lavoratori. È una storia di ingiustizie, come i due licenziamenti che ha subito da Ferrovie dello Stato per aver denunciato, da macchinista, la mancata sicurezza nel trasporto ferroviario; ma è anche una storia di solidarietà, un esempio di come, ancora oggi, esistano donne e uomini capaci di andare in ‘direzione ostinata e contraria’ per mettere davanti a tutto il bene e l’interesse comune. Anche per il quindicesimo anniversario della strage di Viareggio, De Angelis ha sfilato a fianco dei familiari. "Stare al loro fianco, oltre ad essere un dovere civico, è anche in parte una sorta di ‘restituzione’ del torto che hanno subito".

Cosa significa per lei il 29 giugno 2009?

"Da qualche tempo, anche a seguito della fine del processo, il dolore vivo e la richiesta di giustizia stanno lasciando posto a una esigenza collettiva: indirizzare le conoscenze e le esperienze maturate in questi anni verso la divulgazione e la sensibilizzazione sui temi della sicurezza, con particolare riguardo ai rischi del trasporto delle merci pericolose, per i viaggiatori e la popolazione".

In questi 15 anni è migliorato qualcosa in tema di sicurezza del trasporto ferroviario?

"Sì, dei passi avanti sono stati fatti. I ‘martiri’ di Viareggio sono serviti a far comprendere a tutti - a cominciare da imprese e gestori ferroviari, ministeri, agenzia per la sicurezza delle ferrovie e istituzioni - che i treni merci non sono solo dei pezzi di ferro con le ruote che possono girare all’infinito sui binari senza controlli, ma sono soprattutto macchinari delicati che necessitano di cura e manutenzione. Soprattutto se adibiti al trasporto di merci pericolose. Ma ancora non basta, c’è molta strada da fare come testimoniano gli incidenti e i mancati incidenti che si sono verificati in questi anni".

Quanto è stata importante la convergenza tra lavoratori delle ferrovie e l’ssociazione Il mondo che vorrei?

"È stata fondamentale. La loro esperienza dolorosa e la motivazione profonda che li spingeva ha incontrato la nostra esperienza e la conoscenza diretta del mondo ferroviario. Stare al loro fianco è un dovere civico".

La sentenza definitiva di condanna di Moretti e degli altri può cambiare qualcosa?

"Sì. Anche se la condanna ha salvato le imprese e il sistema societario che governa le ferrovie, le responsabilità riconosciute agli amministratori delegati delle singole imprese coinvolte e della Holding Fs dovrebbero fungere da deterrente per i futuri manager, non solo ferroviari".

Cosa si sente di dire ai familiari delle vittime?

"Nessuna parola, solo un abbraccio. E una promessa: assieme a molti compagni di lavoro e ai tanti cittadini che in questo periodo si sono dimostrati sensibili alle nostre rivendicazioni, continueremo la battaglia per una maggiore sicurezza dei treni, dei passeggeri e degli stessi ferrovieri".

Qual è stata la lezione più grande che ha imparato nei suoi anni di lotta?

"Ho imparato che le condizioni di lavoro, in ogni momento storico, non sono un dono ricevuto ma il frutto di un continuo braccio di ferro che dura da secoli, tra chi privilegia il profitto trascurando diritti e dignità di chi lavora e chi deve difendere il proprio posto di lavoro, il salario, la propria salute e la propria vita".

Quale il consiglio darebbe a un lavoratore in procinto di entrare in FS?

"Innanzitutto essere consapevoli del proprio ruolo. E poi di guardare al proprio lavoro non come una fotografia immutabile ma come un film, la cui sceneggiatura va scritta giorno per giorno restando con i piedi saldamente ancorati al treno e ai binari ma con la testa fuori a guardare il resto del mondo del lavoro e a quanto accade nella società".

Michele Nardini