REDAZIONE VIAREGGIO

La stagione delle bombe

Mezzo secolo fa, il periodo di Carnevale coincise con un evento del quale tutta Viareggio avrebbero fatto volentieri a meno:...

La strategia della tensione a Viareggio

La strategia della tensione a Viareggio

Mezzo secolo fa, il periodo di Carnevale coincise con un evento del quale tutta Viareggio avrebbero fatto volentieri a meno: nelle aule della Corte di Assise di Pisa, mosse i primi passi il processo per il rapimento e l’uccisione del giovane Ermanno Lavorini. In contemporanea, nei giorni del Carnevale la città si trovò a fronteggiare una serie di piccoli attentati dimostrativi, tesi a generare paura e che mandarono in fibrillazione gli investigatori. Viareggio aveva anche il timore che il rumoroso stillicidio potesse tenere lontano il grande pubblico dal corso,

La prima bomba-carta venne fatta scoppiare di notte di fronte alla porta di una scuola il 5 febbraio 1975. Chi pensava si trattasse della bravata di qualche studente, sbagliava di brutto perché il giorno dopo i misteriosi attentatori presero di mira la sede del Psi, danneggiata dall’esplosione di una piccola carica di tritolo. E a distanza di neppure 24 ore, fu una sezione del Pci a finire nel mirino. La città andò in tilt. Gli inquirenti sguinzagliarono sul terreno tutti gli uomini. Arrivarono anche i rinforzi. Non solo: furono formate anche ronde di cittadini che volontariamente affiancarono le forze dell’ordine. Ma l’attentatore – o gli attentatori – non si fermarono, anzi alzarono il tiro, facendo lievitare la paura e la tensione, quando una bomba carta esplose – per fortuna senza fare feriti – durante la festa rionale della Darsena. La sera dopo altre due bombe carta sempre in Darsena, nelle vicinanze delle sedi di cantieri navali. L’attentatore ci aveva preso gusto: vedeva che la città aveva paura e lui (o loro) probabilmente godeva per gli effetti traumatici provocati sui giovani e sulla città. Le ultime ‘imprese’ dei bombaroli furono sui viali a mare (una cabina telefonica) e sui binari ferroviari.

A rivendicare queste ‘imprese’ fu l’organizzazione di estrema destra Ordine Nero che aveva già preso di mira con minacce il pm del processo per la morte di Ermanno Lavorini. In una città con il cuore in gola e in preda alla paura, ci fu anche l’assalto alla sede del Msi, con scontri fra polizia e assalitori. Nelle ore immediatamente successive a quest’ultimo episodio gli investigatori fermarono due giovani simpatizzanti di destra. Da quel momento, stop agli attentati incendiari e alle bombe carte. Uno dei fermati, risultò del tutto estraneo ai fatti, l’altro invece finì davanti ai giudici e venne condannato.