REDAZIONE VIAREGGIO

La strage degli innocenti Non solo l’eccidio di Stazzema I nazifascisti massacrarono donne e bambini in tanti paesi

Alle 560 vittime del borgo dell’Alta Versilia si aggiungono storie di crudeli uccisioni. Valpromaro, Montemagno, Seravezza e la Sassaia tra i teatri di dolore durante la Guerra.

VERSILIA

Una domanda: nel periodo che va dal 30 giugno al 22 settembre del 1944, oltre all’eccidio di Sant’Anna di Stazzema e dintorni e che fece 560 vittime, quante altre stragi nazifasciste ci sono state nella nostra zona, Versilia storica e non? La Storia ci consegna diverse stragi “minori” – dove per "minori" s’intende per numero di vittime, mentre la filosofia e il metodo che hanno animato i massacratori sono i medesimi – con poco meno di altri 200 morti, alcuni dei quali mai identificati. Questi numeri sono sufficienti per consigliare un respiro profondo e, un attimo dopo, una lunga riflessione.

Sono passati 79 anni da quei giorni e una rinfrescatina alla memoria sarebbe opportuna anche perché – con Stazzema capofila – è cominciata la battaglia, una vera e propria class action sostenuta dai familiari degli scomparsi, per avere il risarcimento di quelle morti, anche se la Germania ha fatto per anni (vedremo se cambierà strategia...) orecchie da mercante- Se la strage di Sant’Anna, la strage degli innocenti, come l’ha definita lo storico Giorgio Giannelli nel suo libro, è un capitolo a sé stante, ci sono altre vittime che meritano qualcosa di più di un semplice cippo e il ricordo che scocca quasi esclusivamente il giorno dell’anniversario. Poi il silenzio.

Ecco che qualche famiglia dei fucilati dai nazisti ha cominciato a farsi sentire, tirando per la giacca i politici dei singoli Comuni nella speranza che la class action di Stazzema non sia un fenomeno isolato. Il 30 giugno 1944 a Valpromaro di Camaiore, 12 persone – fra questi il 17enne Lamberto Dati – finirono davanti al plotone di esecuzione, nonostante il parroco don Dino Chelini e il professor Clemente Pizzi avessero fatto tutto il possibile per convincere i nazisti a rilasciare quegli innocenti. Ma ormai i tedeschi avevano imboccato la strada delle stragi, incalzati dagli alleati che erano alle porte di Pisa e dai partigiani: il 27 luglio, a Montemagno, altre sette vittime, tra cui Ivo Giusti che aveva 19 anni, e due giorni dopo altre quattro croci al Pratale di Seravezza. Si arriva al 10 agosto e alla Sassaia di Piano di Mommio, vengono passate per le armi 31 persone, la maggior parte delle quali residenti a Forte dei Marmi.

Ci fu un superstite: Edilio Dazzi, che anche ad anni di distanza, con la voce rotta dalla naturale commozione – ora è scomparso – raccontava con dovizia di particolari quella mattanza alla quale lui era miracolamente scampato. Due giorni dopo la Sassaia, Sant’Anna, ma anche Mulina, Capezzano Monte e Valdicastello, nella provincia di Massa Carrara, Bardine di San Terenzo. Poi tocca a Camaiore, dove nel palazzo Littorio, vennero prima torturate e poi uccise sette persone dalle Brigate Nere di Lucca. Il 2 settembre, la scia della ferocia nazifascista si sposta a Massaciuccoli: ne fanno le spese anche i nobili, la famiglia del conte Minutoli. Poi Compignano, 12 vittime, fra cui i fratelli Claudio e Giotto Bianchi che avevano 20 e 24 anni; il 4 settembre, alla Pieve di Camaiore, altre 10 persone furono trucidate: uno era il calciatore “Ciccillo” Bandoni che solo pochi mesi prima aveva trascinato a suon di gol il Viareggio al titolo toscano di Prima divisione.

Il 4 settembre, altro eccidio: 31 vittime ai Pioppetti – località dove finisce sul versante camaiorese la discesa del monte Pitoro e inizia lo strappo per arrivare a Montemagno – molti dei quali rastrellati nella Certosa di Farneta.

Tutto finito? Macché: lo stillicidio di vittime, prima dell’arrivo degli Alleati – che in quel frangente risalivano faticosamente verso nord sia sulla direttrice costiera, da Migliarino, sia soprattutto percorrendo la Valfreddana, dopo aver liberato Lucca, con l’aiuto delle bande partigiane schierate sul monte Prana, – continuerà all’Osterietta di Pietrasanta, a Motrone, Valdicastello e al Ranocchiaio: altri sedici nomi da aggiungere al martirologio di quei due mesi e mezzo punteggiati da troppe croci sul territorio. Che dire di più? Poco o nulla. Ma una lacrima sul viso non sarebbe un segno di debolezza. Tutt’altro.

Giovanni Lorenzini