
Alessandro Ghilardi aveva 13 anni
Fra meno di una settimana, il calendario della memoria dirà ‘sono già trascorsi trent’anni da...’: Trenta anni dalla morte di un ragazzino di 13 anni, vittima di un incredibile incidente stradale mentre in sella alla sua bicicletta da corsa si stava allenando con i compagni di squadra lungo la via di Montramito: una tragedia nella tragedia perché ad investirlo, dopo l’accidentale caduta dalla bici, fu alla guida del pullmino-ammiraglia, un dirigente della sua stessa squadra. La vittima si chiamava Alessandro Ghilardi, tesserato per il Gruppo sportivo Versilia, un club ciclistico che è stata la culla di alcuni ragazzi che hanno poi fatto strada nel mondo delle due ruote come il futuro campione del mondo dei dilettanti, Francesco Chicchi; Paolo Fornaciari, Matteo Lasurdi, Vittorio Valle Vallomini e tanti altri.
La liturgia di quel maledetto giorno – era mercoledì 26 aprile 1995 – è tremendamente avvolto nel dolore declinato in tutti i modi possibili, con sottofondo il rumore delle lacrime che scendono dagli occhi di decine e decine di persone: quando si spegne l’interruttore della vita di un ragazzino di tredici anni, che coltivava i sogni e le speranze della sua età, non ci sono parole che tengano per stemperare il peso opprimente della tragedia.
Un giorno maledetto: in allenamento, come tante altre volte: partire spensierati, prestare la massima attenzione, la voglia di stare insieme ai compagni, ascoltare i suggerimenti del direttore sportivo, prepararsi per il prossimo impegno e poi.... Un susseguirsi di immagini che ancora oggi generano tristezza e disperazione senza confini. Memorabile anche la cerimonia funebre celebrata nella chiesa dei Frati a Camaiore, di fronte ad un numero smisurato di persone.
Alessandro ha continuato a vivere nella memoria di chi all’epoca condivideva con lui la passione per il ciclismo, tanto che al termine della stagione, il gruppo sportivo Versilia cambiò nome sotto la spinta dei suoi genitori che volevano ricordare il figlio: il club diventò Team Alessandro, così a un ogni corsa il nome della giovanissima vittima veniva in qualche modo celebrato sulle strade della Toscana. Sono trascorsi trent’anni ma la commozione di quei giorni, quel dover essere lì per raccontare il dramma, continua ad essere fonte di turbamento per il cuore e la testa.