L’argento messo al collo. Quando la mira di Luca Tesconi fece sognare tutti i tifosi d’Italia

L’atleta di Pietrasanta fu protagonista in una gara di tiro eccezionale ai Giochi di Londra 2012 "Una giornata memorabile, un’esperienza incredibile: ti ripaga di quattro anni di sacrifici enormi".

L’argento messo al collo. Quando la mira di Luca Tesconi fece sognare tutti i tifosi d’Italia

L’argento messo al collo. Quando la mira di Luca Tesconi fece sognare tutti i tifosi d’Italia

Chissà quante volte avrà sognato quei momenti. Chissà quante volte avrà visto e rivisto quella serie di tiri, con la pistola ad aria compressa distanza 10 metri, che lo hanno portato nell’olimpo del tiro a segno. Perché sì, con quella medaglia d’argento alle Olimpiadi di Londra 2012 la vita del pietrasantino Luca Tesconi è cambiata.

Luca, cosa ricorda di quella giornata?

"Tutto e ne conserverò ogni dettaglio per il resto della mia vita. Giunsi al poligono di tiro con l’obiettivo di centare almeno l’ingresso in finale. Ero sicuro di me stesso e concentrato. Venne fuori una prova super che solo un fuoriclasse come il tiratore coreano poteva superare".

Niente recriminazioni per un oro solo sfiorato?

"Macché. Io vinsi il titolo dei ‘normali’. Lui fece gara a parte".

Il primo pensiero dopo l’ultimo tiro?

"Provai un enorme senso di liberazione. Pensai immediatamente ai sacrifici fatti. Ero fiero di me stesso".

Cosa serve arrivare a medaglia?

"Un mix di tanti fattori. Microriflessi, coordinazione oculo-manuale, respirazione e tecnica".

Cosa sono state le Olimpiadi per lei, e cosa sono per chi le affronta?

"La realizzazione di 4 anni di sacrifici. L’occasione irripetibile per dimostrare al mondo quanto vali. E anche la ripartenza per il quadriennio successivo".

Qualche aneddoto di quella sua partecipazione?

"Il Villaggio Olimpico è un’esperienza da vivere. Poter avere accanto campioni affermati, provenienti da tutto il mondo, vale già tantissimo. Poi ricordo per le strade di Londra l’affetto dei tifosi italiani che, appena ci vedevano, cominciavano a cantar canzoni. Sono certo che le nostre medaglie rappresentassero una sorta di rivincita per loro che, magari, avevano dovuto lasciare l’Italia non per voglia ma per necessità".

Una bacheca fatta di titoli europei e mondiali e tanto altro. Ma solo un Olimpiade?

"È il mio rammarico. Avrei voluto giocarmi anche Parigi, ma dopo un inizio di quadriennio positivo c’è stato un calo di rendimento".

Come vede gli azzurri?

"È un gruppo giovane e di qualità, composto da 7 tiratori. Tutti possono centrare la finale e sognare".

Dove nacque la sua passione per il poligono?

"Mio padre era un istruttore di tiro, ma io giocavo a tennis. Poi un giorno mi portò a provare al poligono e mi piacque. Sono un grande agonista e quando mi appassiono lo faccio al massimo delle possibilità".

La scuola versiliese è molto produttiva. Ci sono già nuovi talenti?

"Sì e ne sono molto soddisfatto. Io curo sia la parte tecnica che quella psicologica perché nella nostra specialità servono disciplina, costanza, senso di responsabilità e soprattutto passione".

Sergio Iacopetti