SERGIO IACOPETTI
Cronaca

Lavoro stagionale, Versilia da incubo: "Dalle molestie ai soprusi, vi racconto la mia esperienza"

Il tema è l’occupazione turistica. La testimonianza di una ragazza: “Straordinari in nero e giorni di ferie spariti dalla busta paga. In un bagno mi contavano il pane. Ma non tutti sono così”

La ragazza ha raccontato la sua esperienza da stagionale (foto di repertorio)

La ragazza ha raccontato la sua esperienza da stagionale (foto di repertorio)

Viareggio, 18 marzo 2024 – Con la primavera e l’estate alle porte la Versilia si riaccende e si rimette in moto il mercato del lavoro stagionale, carburante necessario per far ripartire le attività. In realtà la ricerca di personale per bar, cucine e alberghi è iniziata da tempo, e più che mai quella dei bagnini. Non passa giorno in cui imprenditori del turismo sia esso balneare, ricettivo o ricreativo, non facciano presente come sia divenuto dificile, talvolta arduo, reperire le figure professionali necessarie per far ripartire le imprese.

“I giovani d’oggi non hanno più voglia di lavorare; il reddito di cittadinanza li ha resi pigri; quanto sia il salario è la prima domanda che ci viene posta, quando facciamo i colloqui”. È un mantra. Ma è davvero così, oppure il problema sta nella qualità del lavoro, spesso pagato male o non pagato affatto, con orari e mansioni richieste che spesso eccedono da ciò che è indicato nei contratti? Ecco l’esperienza di una 31enne – chiamiamola Alessia, di fantasia – che da 16 anni risiede a Viareggio dove ha maturato esperienze lavorative di ogni tipo. Esperienze che non sempre sono state positive, anzi, ma che rappresentano uno spaccato di forte opacità che serpeggia nel mondo del lavoro.

Alessia ha trovato lavoro per questa stagione?

“Sì. Praticamente sono stata richiamata da ogni attività cui ho inviato il curriculum. Una decina in tutto. Credo che il mio caso certifichi il fatto ci sia una grande offerta lavorativa”.

Allora tutto bene?

“Offrire lavoro non significa purtroppo rispettare sempre il lavoratore e seguire la regolarità dei contratti nazionali”.

Che significa?

“Significa che alla fine ho scelto forse l’unico posto dove stipendio, orari e mansioni sono realmente consoni. Del resto quasi tutte le offerte prevedevano metà stipendio fuori busta, ad 8 euro l’ora e senza il giorno libero”.

Negli anni scorsi com’è andata?

“Alla fine un posto l’ho sempre trovato, ma troppo spesso ho dovuto scendere a compromessi. L’estate scorsa ho lavorato per un ristorante rinomato: 9 euro l’ora per turni che arrivavano a 12, talvolta addirittura a 15 ore giornaliere; straordinari pagati a nero e retribuiti come ore di servizio normale. Due anni fa, invece, in uno stabilimento balneare in Darsena ho scoperto che mi detraevano dallo stipendio giorni di ferie mai fatti”.

Assurdo.

“Ma c’è di peggio...”.

Cioè?

“In passato ho subito persino avance a sfondo sessuale da parte di un titolare, così mi sono licenziata perdendo l’indennità di disoccupazione. Un’altra volta, in uno stabilimento di Tonfano, i titolari mi contavano le fette di pane che mangiavo....”.

Lei disegna un quadro nero. Ma non sarà così ovunque, no?

“La disonestà non è la regola, ma comunque è abbastanza diffusa. Io sarei barista di 3° livello, ma in troppi hanno cercato di assumermi come semplice cassiera o banconiera e troppo spesso ho dovuto far valere i miei diritti anche tramite sindacato. Vorrei che ci fosse più rispetto per i lavoratori. Noi dobbiamo lavorare per vivere, ma non è eticamente corretto approfittarsi del bisogno altrui. Se ci fosse maggior rispetto i ragazzi, ne sono certa, non snobberebbero il lavoro. Il lavoro deve gratificare e non umiliare”.