WALTER STRATA
Cronaca

L’epopea del cantiere. Dal "Challenge 12" a leader mondiale grazie all’innovazione

La storia del cantiere nasce in un piccolo ufficio di via Coppino 40 anni fa. Il patron Fabio era un grande industriale nel settore della carta. Trasferì know how e genialità alla costruzione delle imbarcazioni.

Lo storico cantiere Perini con il profilo inconfondibile dei suoi velieri

Lo storico cantiere Perini con il profilo inconfondibile dei suoi velieri

Challenge 12 è stata una barca da regata che nel 1984 prendeva parte al primo campionato del mondo della classe 12 metri Stazza Internazionale, dove c’era anche la nostra Azzurra, a Porto Cervo. Quella barca era stata acquistata da Fabio Perini, allora industriale lucchese leader mondiale capace di coprire il 75% del mercato dei macchinari per la trasformazione della carta tissue, per dare sfogo alla sua personalissima passione per la grande nautica.

Con questo esordio scoppiettante, Perini capì che per lui il mondo delle grandi barche a vela e motore (sailing yacht) poteva essere il nuovo business internazionale, e che la sua azienda, Perini Navi, era in grado di inserirsi nel dorato mondo dei velieri oltre i 40 metri. Detto fatto: dopo pochissimo tempo, ecco il nuovo ufficio di progettazione in via Coppino, dotato delle più avanzate apparecchiature e pc simili a quelli della Fiat, e il cantiere di Ortona, in Abruzzo, dove si costruivano i primi yacht.

"Sì, fu una grande sfida per tutti noi giovani che avevamo iniziato a lavorare lì – dice Alessandro Vismara, primo architetto navale assunto alla Perini – e in particolare per me, che mi ero appena laureato in Inghilterra. Di rilievo fu che la progettazione delle barche: per i primi quattro anni, era fatta negli Stati Uniti da Dick Carter, l’uomo che inventò la vela moderna. E devo dire che il successo delle prime unità mise in un certo allarme i cantieri tradizionali che costruivano, allora, velieri di quel tipo: Huisman, Vitters, Amels, Abeking. Cioè il top mondiale delle navi da diporto a vela e motore oltre i 40 metri, che vedevano crescere un concorrente italiano di grande rispetto e di tecnologia".

Già in quell’epoca che sembra oggi preistoria, i fattori determinanti per i successi dei Perini furono tre: il controllo automatico delle vele grazie all’invenzione del captive reel winch, sistema di avvolgimento delle scotte e delle drizze su tamburi orizzontali controllati da motori elettrici o idraulici, e dotati di sensori elettronici per gestire condizioni di carico eccessivo con possibilità di scaricare il vento dalle vele, con protezione della barca; poi l’estremo comfort degli interni come per i grandi motor yacht, con relativa eccellente vivibilità anche in zona notte; e infine la dotazione di un flying bridge per permettere a ospiti e armatore di apprezzare completamente la navigazione all’aperto.

Il piano velico dei Perini poteva essere governato da un’unica persona mediante un apposito sistema inventato dallo stesso patron. Una vera rivoluzione, per altri nemmeno concepibile in quegli anni. Insomma, il numero uno dei macchinari per la carta era diventato in poco tempo un punto di riferimento nell’innovazione navale. Da allora, la storia dei velieri col marchio dorato è arcinota. Alcuni dei più grandi magnati del mondo comprarono un Perini perché "dovevano farlo": Berlusconi, Moratti, Perkins, Doris e tanti altri hanno navigato sulle loro barche da sogno e ne sono stati ambasciatori con altri armatori. Un successo unico nel suo genere, terminato però con il fallimento e, oggi, rilanciato grazie a The Italian Sea Group che ha in programma una grande prospettiva di sviluppo del prestigioso marchio, nato un un piccolo ufficio di via Coppino quaranta anni fa.