
Marco Piagentini accanto all’avvocato di parte civile Gabriele Dalle Luche. Ieri Piagentini non ha seguito l’udienza in Tribunale
Per la prima volta assente Marco Piagentini, che mai si era perso un’udienza. Per anni leader dell’associazione il Mondo che vorrei, al centro di mille battaglie civili in giro per tutta l’Italia in nome di verità, giustizia e sicurezza. Lo ha fatto per sua moglie Stefania, morta in quella terribile notte e per i suoi figlioletti Luca e Lorenzo che furono strappati alla vita a soli 3 e 5 anni. E lo ha fatto per Leonardo, il ‘soldatino coraggioso’ che, come lui, scampò a quell’inferno. Una vita da sopravvissuto che ha voluto ricordare con una lettera che il proprio avvocato Tiziano Nicoletti ha consegnato ieri alla corte.
Questo il testo integrale della lettera di Marco in cui spiega i motivi di questa sua scelta forte di non essere presente: "Ho messo in gioco tutto, passato, presente e futuro. L’ho fatto perché lo sterminio della mia famiglia in quella maledetta notte del 29 giugno 2009 non aveva bisogno di un mostro da rinchiudere per gettare via la chiave, ma le loro vite, le nostre vite, avevano bisogno di risposte, di verità che emergessero anche nelle sedi opportune.
L’ho fatto con la consapevolezza che Stefania e i miei figli, Luca e Lorenzo, avrebbero appoggiato e capito che l’unica strada per una verità forte fosse un forte impegno civile che guardasse oltre quell’orrore. Sono conscio del mio fardello, sono conscio che nessuno potrò capire né condividerne il peso, ma nonostante le indicibile sofferenze psicofisiche, nonostante la rabbia, nonostante il dolore, nonostante la solitudine, tutto ciò non mi ha impedito di guardare oltre e di allargare lo sguardo. L’ho fato perché Leonardo potesse riconoscere nella vita tutte le sue molteplici sfumature, da bambino prima, da ragazzo poi, da uomo oggi. Tutto questo ha portato spesso a rinunce e a nuove sofferenze, spesso anche a grandi dubbi, ma Leonardo era lì, lui era il mio monito.
Chi ha figli – prosegue – sa bene che non bastano le parole, loro hanno necessità di esempi concreti e di coerenza sia nelle idee che nelle scelte che facciamo. Da quando è iniziato quest’interminabile percorso giudiziario la nostra costituzione come parte civile non è mai stata pensata come forma di rivendicazione, la quale avrebbe solo aggiunto dolore al dolore. A ogni udienza (nelle oltre 150 che sono state celebrate) ho risposto: "presente" perché si discuteva di responsabilità.
Con la sentenza emessa dalla suprema Corte di Cassazione in data 15 gennaio 2024, gli accertamenti giudiziari sulla responsabilità penale e civile del disastro ferroviario del 29 giugno 2009 che cagionò il decesso di 32 persone, tra le quali i miei figli Luca e Lorenzo e mia moglie Stefania, sono divenuti definitivi. Tuttavia sono altrettanto consapevole che il nostro percorso giuridico non finirà qua, ci aspettiamo, viste le premesse, anni di processo civile. Oggi qua tuttavia si discute della quantificazione della pena che nulla aggiunge e nulla toglie a quel fardello, per questo per la prima volta in 16 anni non sarò presente. Non sarà presente mio zio Raffaello Piagentini che da vecchio saggio teologo ha compreso e condiviso il senso della mia scelta, nonostante la difficoltà a comprenderne i passaggi giurisprudenziali.
Non sarà presente – conclude Marco – Leonardo Piagentini, che, nonostante la giovane età, il dolore e le ferite anche da rimarginare, ha compreso questa mia decisione e a sua volta liberamente e consciamente ha scelto. Ciò mi rende orgoglioso, non tanto per la scelta di aver semplicemente di aver condiviso il mio pensiero, ma perché ne ha compreso e condiviso i valori profondi".