VIAREGGIO
Da pochi giorni il dottor Roberto Magagnoli ha raggiunto la meritata pensione dopo oltre 40 anni di attività. Chi conosce i suoi pazienti sa che la definizione più comune che lo accompagna è quella di un medico "come quelli di una volta" che sta a definire un professionista non solo estremamente competente, ma anche sempre disponibile, senza orari né giorni festivi. A questa ‘vox populi’, schermendosi, replica così: "Non mi reputo assolutamente diverso né penso di avere comportamenti diversi da quelli dei miei colleghi, giovani e meno giovani". Quali sono le tappe della sua carriera?
"Dopo la maturità classica, conseguita al liceo “Carducci“ di Viareggio nel 1973, mi sono laureato in medicina a Pisa nel 1979. Successivamente ho conseguito le specializzazioni in medicina sportiva e medicina interna. Per quanto riguarda la professione, come molti ho iniziato nei servizi di guardia medica e sulle ambulanze, seguiti da alcuni mesi nel reparto di medicina dell’allora ospedale di Camaiore. Ci sono state poi le esperienze nel centro di medicina sportiva con Angelo Pizzi e Marco Ambrogi. Dal 1988 sono medico di medicina generale, quello che viene definito il medico di famiglia".
È cambiata, e se sì come, la medicina generale dal secondo al terzo millennio?
"Secondo me non ci sono grandi differenze perchè, oggi come allora, da una parte abbiamo il compito di seguire i pazienti, dall’altra quello di coordinarci con gli specialisti e con i servizi ospedalieri. Sta a noi cogliere i primi sintomi e la gravità delle patologie e decidere un percorso specialistico o ospedaliero. Siamo il primo contatto dei cittadini con il mondo della sanità. Oggi c’è molta più tecnologia per le diagnosi, quindi potrebbe sembrare che la visita tradizionale sia meno importante, ma io non la penso così e penso che anche l’anamnesi e i sintomi riferiti dal paziente siano fondamentali".
Un medico va davvero in pensione?
"No, perchè c’è una cultura, un atteggiamento e una preparazione che restano per sempre, così come la propensione a capire, curare, aiutare le persone che un medico non potrà mai mettere da parte".
Che futuro c’è per la medicina di base?
"Non credo che cambierà molto in futuro: dovrà esserci sempre un medico che darà una prima valutazione del paziente e, vista la complessità della sanità di oggi, oltre a curarlo, se necessario, lo guiderà negli approfondimenti".
G.A.