Viareggio, 8 maggio 2019 - Non ci sarà Stefano. Ha scelto di non partecipare al funerale di sua madre Margherita Giannoni, nonostante il profondo amore che li ha sempre legati. «A malincuore – spiega il suo legale, Sandro Guerra – ha deciso di non partecipare alle esequie. Per rispetto a sua madre, consapevole che la sua presenza avrebbe attirato troppa attenzione». Resterà in carcere Stefano Castellari, dov’è recluso da lunedì scorso con l’accusa di aver ucciso suo padre Roberto al culmine di un lite.
L’addio oggi, alle 15, nella chiesa di Santa Rita. La stessa chiesa dove domenica la comunità ha detto addio a Roberto. Nello stesso momento in cui sua moglie Margherita, malata da tempo, si spengeva. Un legame profondo il loro, celebrato con un matrimonio cinquant’anni fa. E’ il figlio Michele – uno degli otto figli di Margherita e Roberto – a restituire frammenti della vita della sua famiglia, prima del dramma.
«La casa della mia famiglia – scrive – l’ho sempre immaginata come un porto di mare, come un approdo sicuro. Mia mamma aveva così tanto amore da dare che i confini della casa non le bastavano. Era capace di vedere oltre l’apparenza, di arrivare al cuore delle persone e di scorgere la purezza di ogni essere umano, anche il più abbrutito; non ha mai concepito il pettegolezzo o l’imbroglio. Casa mia, e in estate l’ombrellone sul mare, era il luogo dove tossicodipendenti in attesa di entrare in comunità, malati, disagiati del quartiere, senegalesi venditori di cianfrusaglie o marocchini con i loro tappeti colorati, indifferentemente, trovavano prima di tutto un sorriso, ascolto, aiuto, accoglienza, riposo, un pasto caldo, conforto. Le auto di mia mamma non hanno mai avuto le portiere chiuse a chiave perché chi aveva bisogno di un luogo dove dormire sapeva dove trovarlo. Spesso, quando eravamo ancora piccoli ma già numerosi, dopo cena ci mettevamo a cantare: al babbo e alla mamma piacevano i cori degli alpini ma anche una canzone tratta da una commedia musicale molto famosa negli anni 70’ “aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più...”».
Questo era il motto della famiglia Castellari, «e non navigavamo certo nell’oro: sei, quindi sette e infine otto figli, un mutuo da pagare e uno stipendio solo. “La Provvidenza e la Madonna ci aiutano” dicevano babbo e mamma. E in effetti non ci hanno fatto mancare niente: università, Accademia di belle arti, studi di musica, ginnastica artistica. Come facevano? Si rinunciava al superfluo. Invece di essere noi ad andare a casa degli amici a studiare o giocare, erano i nostri amici che venivano volentieri da noi». «Tutto questo per dire “grazie mamma! Grazie babbo! Per averci insegnato la carità e l’amore per il prossimo”. Ora ne siamo tutti ripagati in questo momento di immenso dolore perché l’affetto del quartiere, della città, degli amici, dei parenti rimasti dei conoscenti tutti è immenso. La Provvidenza e la Madonna ancora una volta pensano a noi».
Mdc