Morì travolto dal silos, i titolari di due ditte rinviati a giudizio

Un operaio muore travolto da una valanga di polvere di marmo a La Spezia nel 2020. Due imputati rinviate a giudizio per omicidio colposo.

Morì travolto dal silos, i titolari di due ditte rinviati a giudizio

A distanza di quasi 4 anni da quella tragedia (avvenuta il 29 ottobre del 2020) il giudice per le udienze preliminari ha disposto il rinvio a giudizio

LA SPEZIA

Era successo tutto in pochi istanti sotto gli occhi impotenti dei colleghi: Nicola Iacobucci, 36enne operaio residente a Montignoso (Massa Carrara), morì travolto da una valanga di polvere di marmo uscita all’improvviso dal silo al quale stava lavorando all’interno di un’area un tempo utilizzata come laboratorio del settore lapideo nella zona di via Laghi, confine fra Luni e Fossone. A distanza di quasi 4 anni da quella tragedia (avvenuta il 29 ottobre del 2020) il giudice per le udienze preliminari Marinella Acerbi ha disposto il rinvio a giudizio dell’amministratore della ditta che aveva avuto l’incarico in subappalto della rimozione del silo e della titolare dell’azienda che, secondo la ricostruzione accusatoria, gli aveva affidato l’incarico di svolgere i lavori.

A processo andranno Maurizio Franchi classe 1957 di Pietrasanta (difeso dall’avvocato Pierpaolo Santini di Lucca) e Tania Guastini del 1970 di Sarzana, difesa dagli avvocati Daniele Caprara e Alessandro Rappelli di Spezia: prima udienza prevista il 6 dicembre davanti al giudice Selene Ruberto. Il reato contestato è omicidio colposo, sarà poi il processo ad evidenziare eventuali responsabilità nella condotta degli imputati. Secondo la ricostruzione dei fatti, quel giorno Iacobucci insieme a due colleghi aveva iniziato iniziato l’intervento di smontaggio del vecchio contenitore all’interno dell’ex area artigianale nella zona di via Laghi, a Settequartieri, al confine con Fossone, dove ancora insistono molte aziende del lapideo. Una commissione ricevuta, sempre secondo le accuse, in appalto da un’altra società; ma su questo aspetto i difensori di Guastini contano di far emergere nel corso del processo la sua estraneità ai fatti contestati. Furono i colleghi di lavoro a lanciare l’allarme e chiamare i soccorsi, ma all’arrivo delle ambulanze della Pubblica Assistenza di Sarzana, polizia e carabinieri il 36enne era già morto.