Il telefono squilla. Dall’altro capo la voce che risponde, pacata e gentile, è quella di Toufic Maatouk (nella foto), direttore d’orchestra e sacerdote cattolico. Si trova a Beirut, la sua città di origine. È arrivato da poco, di ritorno da Abu Dhabi dove cura la programmazione del festival musicale più importante del Medio Oriente. In lontananza i rumori della guerra. "I bombardamenti – spiega - riguardano la zona di Hezbollah e in città la gente vive normalmente, o almeno cerca di farlo. Alla guerra ci sono abituati. Del resto qui la guerra c’è sempre stata". Maatouk sarà a Torre del Lago per la prima volta oggi alle 17.30 (ingresso libero) nella Chiesa di San Giuseppe alla testa dell’Orchestra del Teatro Nazionale di Tirana e del Coro del Festival Puccini, per dirigere la Messa di Gloria di Puccini a cento anni esatti dalla morte del maestro lucchese.
Quanto conta Puccini nella sua carriera?
"Puccini, più di ogni altro musicista, ha trasformato l’opera in un’arte più accessibile alla gente, infondendole emotività e passione. Ha saputo integrare varie influenze musicali, unire tradizioni diverse, collegare il passato con la modernità. I dettagli emotivi, la sua capacità di superare i confini culturali fanno delle sue opere dei classici senza tempo, ancora oggi di grande attualità. Quella della Messa è una partitura che amo moltissimo. Un’opera giovanile, per certi versi ancora acerba, ma fonte di ispirazione per molti dei capolavori successivi. L’ho diretta alla Carnegie Hall nel 2015 e molte altre volte nel mondo, l’ultima nell’ottobre scorso a Tirana con la stessa orchestra che adesso è con me a Torre del Lago e con gli stessi solisti: il tenore Raffaele Abete e il baritono Armando Likaj. Adesso sto studiando Le Villi e Bohème: per i prossimi due anni sono a posto. Ho bisogno di tempo per approfondirne la lettura e l’interpretazione".
Ieri ad Abu Dhabi, oggi a Torre del Lago. Appena il tempo di toccare una terra infuocata…
"Sono arrivato a Beirut dopo tre mesi di assenza e subito riparto. Giusto il tempo di fare le prove con il coro per preparare l’apertura del Festival che comincia il 4 dicembre prossimo: 20 concerti in mezzo alla guerra, ogni sera fino a Natale. Il repertorio è vastissimo: classico e romantico, barocco ed etnico. Nel mio lavoro mi confronto spesso con realtà diverse. A dispetto dei bombardamenti la musica qui resta un presidio molto importante perché è un linguaggio universale che aggrega e inneggia alla pace. Certo ad Abu Dhabi la situazione è molto diversa: il tenore di vita è davvero alto. Io sono vice direttore generale e curo la programmazione musicale di un festival prestigiosissimo che ha compiuto 23 anni. Il pubblico degli Emirati è internazionale: una comunità composta da 200 diverse nazionalità. Tutte le grandi orchestre del mondo, i più grandi direttori e cantanti sono passati da lì. L’anno scorso sono riuscito a portarci il Coro della Cappella Sistina, per la prima volta in un paese arabo con un concerto di musica sacra: un’occasione di grande apertura verso altre culture e altre religioni, un inno alla pace e al dialogo tra popoli diversi. La mia attività musicale è molto vasta e si svolge in Romania, in Francia, in America Latina…".
E l’Italia?
"Ho avuto una carriera di cantante prima di iniziare a dirigere. Per questo la lirica è sempre stata importantissima per me. Ho studiato in Italia, che è diventata il mio secondo paese: mi ha accolto e mi ha insegnato ad amare tutto: la cultura e l’arte, la cucina e la natura: una grande crescita personale. Ho vissuto a Roma quindici anni. Ho avuto occasione di lavorare con moltissimi cantanti e musicisti italiani e nel 2020 ho ricevuto dal Presidente Mattarella il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia. In Libano ho portato orchestre e artisti italiani. Uso correntemente l’inglese e il francese ma quando parlo italiano è un’altra storia. Il 26 ottobre scorso ho ricevuto la cittadinanza italiana: un bel segno di affetto reciproco. E ne sono orgoglioso".