ALICE GUGLIANTINI
Cronaca

"Niente cellulari prima dei 12 anni E poi insegnate a vivere la socialità" I consigli dello psicologo ai genitori

La conversazione del dottor Emanuele Palagi all’incontro promosso dal Lions Club Viareggio-Versilia Host

di Alice Gugliantini

Smartphone, pandemia, videogiochi: tre fattori che rimandano all’allontanamento dagli altri. "Un adolescente non condividerebbe", risponde Emanuele Palagi, psicologo e psicoterapeuta che venerdì a Villa Paolina ha affrontato il tema nell’incontro "I giovani d’oggi fra smartphone, pandemia e videogiochi" promosso dal Lions Club Viareggio Versilia Host in collaborazione con l’assessorato alle politiche culturali ed educative del Comune di Viareggio.

Palagi, qual è il quadro della situazione?

"Ci sono ancora gli effetti della pandemia e negli smartphone e nei videogiochi c’è un rischio dipendenza anche se non è stata ancora codificata, ci sono però degli elementi assimilabili. Detto questo, ho grande fiducia nei giovani. Molti sono cresciuti con il cellulare e rischiano di non essere consapevoli. Ma gli studi ci dicono che il QI si alzato, mentre è calata l’attenzione mantenuta. C’è una fase di ritiro sociale che con le nuove tecnologie diventa più lunga".

Nello specifico, quali impatti della pandemia?

"L’adolescenza è l’età del gruppo, e la pandemia, proprio per il distanziamento sociale che ha comportato, ha impedito questo momento. Difficile ancora di più per l’adolescenza. Nell’adolescenza c’è ancora ansia nelle relazioni; stare per lungo tempo in isolamento amplifica l’ansia. Questa si supera per esposizione: più uno si espone più la paura viene meno, al contrario, più uno scappa, più viene fuori la fobia. Recenti dati Istat sul distanziamento sociale ci dicono che questo ha portato a paura, ansia e solitudine. E l’osservatorio adolescenza riscontra aggressività, aumento dell’alcol, del fumo, chiusura in sé stessi. Quella che viene chiamata la sindrome della capanna. In ogni caso l’adolescente ha grandi capacità di adattamento: non per tutti si sono sviluppati questi disturbi".

Nel caso degli smartphone?

"Sulle nuove tecnologie è cambiata la nostra visione, soprattutto per gli adulti. Uno strumento comunque essenziale nel periodo pandemico, pensiamo alla Dad. Ci sono però dei rischi che si considerano poco. Sopratutto nel rapporto tra web e minori: le informazioni non sono sempre verificate. C’è il cyberbullismo ma anche la disinibizione online. Da ultimo anche l’intelligenza artificiale che mette in discussione il rapporto tra realtà e finzione. Nelle ultime settimane l’immagine del Papa col piumino bianco ha fatto il giro del web, ma era totalmente falsa. Gioca un fattore fondamentale l’età: è in base a quella che possiamo orientarci. Infatti il cellulare non andrebbe dato mai prima dei 12 anni. È il genitore che deve favorire l’autoregolazione, l’alternanza (on-line off-line) e l’accompagnamento nell’incontro con l’online. È per questo che facciamo queste iniziative pubbliche. Dare il cellulare al bambino al ristorante per farlo mangiare non è positivo".

E i videogiochi?

"Piacciono tanto perché c’è bisogno di competenza, i livelli salgono a mano a mano che il gioco procede; c’è autonomia perché l’adulto non c’è e di socialità. E poi c’è la socialità. Ci sono giochi come Fortnite, che va per la maggiore, in cui si gioca a distanza e un adolescente può benissimo definire gli altri giocatori come amici, anche se abitano a Roma o Parigi. Non a caso Luciano Floridi parla di "Onlife", dove reale e virtuale si fondono".

"Siamo i ragazzi di oggi, noi", cantava Luis Miguel, in un altro secolo.