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"Non pagheremo tasse e tributi"

Confcommercio lancia lo sciopero fiscale a livello regionale. La situazione e i commenti in Versilia

Irap, Ires, tassa annuale sui registri contabili, Irpef, dazi doganali e così via. Complessivamente sono una quindicina le tasse e imposte che 50mila imprese toscane non pagheranno aderendo allo sciopero fiscale lanciato da Confcommercio Toscana e recepito anche da Confcommercio Lucca e Massa Carrara. I motivi sono tutti legati all’emergenza Covid e spaziano dall’obbligo di chiusura per varie tipologie di attività, a fronte di bollette e cartelle che vanno comunque versate, fino alle “disparità di trattamento“ denunciate dall’associazione citando ad esempio l’apertura delle grandi distribuzioni. La protesta è scattata ufficialmente ieri con la comunicazione al presidente nazionale Carlo Sangalli che le imprese toscane non pagheranno più tasse e imposte.

"Una forma di protesta – spiega il presidente di Confcommercio Lucca e Massa Carrara Rodolfo Pasquini – alla quale la categoria si sente costretta da mille validissimi motivi, ultimo dei quali uno che supera e comprende tutti gli altri: le nostre aziende non hanno più risorse e preferiamo continuare a pagare prioritariamente dipendenti e fornitori rispetto a uno Stato che non comprende, anzi calpesta, le nostre ragioni di esistere". Pasquini sottolinea che la mobilitazione non ha nulla a che fare con l’evasione o l’elusione fiscale, fenomeni che l’associazione di categoria condanna: "E’ una ribellione pacifica e silenziosa contro un sistema statale che continua a trattare le imprese e i professionisti come bancomat, senza tutela né rispetto. Soprattutto, senza riconoscerne l’importanza". Numeri alla mano, prima dell’era Covid in Toscana le imprese di commercio, turismo e servizi (214mila su un totale di oltre 410mila) garantivano il 75% del Pil, pari a 77 miliardi di euro, e il 64% dell’occupazione con 718mila lavoratori impiegati.

"In dieci anni, dal 2010 al 2019 – prosegue – erano cresciute del +4%, contro le performance negative di agricoltura e industria. Poi, nel 2020, il brusco stop imposto dalla pandemia, che già ha portato i consumi indietro di 30 anni, basti pensare che in Toscana si sono perduti 2.700 euro a testa, secondo le nostre stime, e che ora rischia di compromettere l’esistenza di un intero sistema imprenditoriale". Pasquini parla di aziende “attonite e disorientate“ per una situazione mai vissuta prima d’ora: "Mentre ci è impedito, per legge, di lavorare e quindi di fatturare e di incassare, chi ci governa non si è preoccupato di fermare i costi delle nostre aziende. Ci sono poi risvolti paradossali: si prospettano ristori irrisori ma non ci concedono la sospensione della contribuzione fiscale, non considerando che non lavorando, e quindi non incassando, non abbiamo risorse per far fronte a questi impegni". C’è poi l’aspetto della “disparità di trattamento“: "In base a criteri incomprensibili – conclude – il sacrificio richiesto ricade sulle spalle di alcuni e non di tutti. E’ evidente, infatti, che se un negozio di abbigliamento o articoli per la casa non può stare aperto, gli acquisti di Natale saranno concentrati su altri settori ai quali invece è concesso lavorare".

"Mentre l’evasore fiscale è un ladro della collettività – dice invece il direttore di Confcommercio Lucca e Massa Carrara Sara Giovannini – e come tale va condannato, chi protesta contro l’iniquità dello Stato adottando uno strumento legittimo come lo sciopero fiscale compie un atto ben diverso e ben più condivisibile anche da un punto di vista sociale. Si tratta di una azione di protesta collettiva che rientra nell’ambito dei diritti sanciti dalla Costituzione".