Sono stati quattro, fin dall’inizio dell’inchiesta, i reati contestati agli indagati, poi diventati imputati e infine condannati (13 nell’appello bis). In Tribunale gli imputati (tanto italiani quanto tedeschi, ognuno con diverso profilo di responsabilità) dovevano rispondere di lesioni, incendio, omicidio e disastro ferroviario. Tutti reati colposi. Alla vigilia dell’apertura del processo di Cassazione bis, tre dei quattro reati sono caduti in prescrizione: lesioni e incendio subito dopo la sentenza di primo grado; l’omicidio colposo all’indomani del processo di Appello in considerazione del fatto che la Cassazione non aveva riconosciuto l’aggravante dell’incidente sul lavoro.
Questo scenario si è via via composto nei vari gradi di giudizio nel corso dei quali è stato durissimo lo scontro fra pubblica accusa (spalleggiata dalle parti civili) e difesa. Su un punto la Procura e gli avvocati delle Ferrovie si sono trovati d’accordo. Vale a dire che la prima colpa è da ricercare in Germania in quell’assile arrivato dall’officina Junghental e consegnato dalla multinazionale Gatx alla Cima Riparazioni che lo montò sul cargo della morte. Indagini e perizie hanno evidenziato come quell’assile, nonostante i pochi chilometri percorsi dopo la manutenzione, sia collassato perché arrugginito. Insomma se fosse stata fatta una buona manutenzione l’incidente non si sarebbe verificato.
Secondo la pubblica accusa però le responsabilità vanno ricercate anche in Italia. E per questo hanno chiamato in causa i vertici e i tecnici di Cima Riparazioni dove l’assile fu montato e soprattutto i vertici delle aziende ferroviarie coinvolte: la holding Fs allora presieduta dall’ingegner Mauro Moretti, Rfi che aveva a capo Mario Michele Elia e Trenitalia con l’ad delegato Vincenzo Soprano. Secondo l’accusa avrebbero potuto e dovuto verificare cosa stesse circolando sulla rete ferroviaria italiana, di cui erano i garanti della sicurezza non solo per il trasporto dei passeggeri, ma anche e soprattutto per il trasporto di merci pericolose. E non lo fecero, stando a quattro gradi di giudizio. Di altro avviso le difese degli imputati, secondo i quali tali controlli non dipendevano da loro: dalla Germania, in fondo, erano arrivati i documenti che attestavano che la manutenzione era stata fatta regolarmente.
Paolo Di Grazia