BEPPE NELLI
Cronaca

Patrimonio fallita: "Pagate 32 milioni di danni"

Il curatore Donato Bellomo ha fatto causa al Comune e agli ex amministratori e revisori della partecipata che fu devastata dai politici.

di Beppe Nelli

Il curatore fallimentare della Patrimonio Srl, Donato Bellomo, ha citato per danni causati alla società, al punto di farla fallire nel 2015, una ventina di ex amministratori e sindaci revisori ai quali la curatela chiede, in solido tra loro e con il Comune, ben 32 milioni 171 mila 387 euro. La citazione è stata notificata al sindaco Giorgio Del Ghingaro non per proprie responsabilità personali, ma quale legale rappresentante pro tempore del Comune. Il Comune è citato, in solido, per l’intero ammontare dei presunti danni rappresentati nell’atto, lungo ben 76 pagine e con allegato un furgoncino di atti e bilanci. Rispetto al totale di 32 milioni, sono citati in solido gli ex amministratori e i revisori (ma anche le società di revisione) relativamente ai singoli eventi loro contestati impugnati. In questa mastodontica causa, il dottor Bellomo è assistito dagli avvocati fiorentini Pier Luigi Santoro, Elisabetta Santoro e Giuseppe Pancani. La causa è stata intentata al Tribunale di Firenze, sezione specializzata in materia di impresa.

La voluminosa citazione ripercorre la storia del fallimento della Patrimonio e del dissesto del Comune, avvenuto un anno prima, con un "andamento del tutto complementare e parallelo". I legali elencano presunte carenze di rispetto delle leggi amministrative, dal controllo analogo all’indirizzo del Comune, sottolineando le attenzioni del Mef che inviò l’ispettore Luciano Cimbolini del Servizio ispettivo di finanza pubblica. Secondo il ricorso fu giusta l’istanza di fallimento presentata dall’ultimo liquidatore della Patrimonio, il dottor Marco Marchi, alla luce di una società che da tempo non aveva continuità aziendale né poteva onorare i debiti. A sostegno di questa tesi c’è il conto dell’attivo e passivo della partecipata: in equilibrio per 119,6 milioni, ma solo pro forma. L’attivo: 22 milioni di fabbricati per lo più di emergenza abitativa e quindi non monetizzabili; 44 milioni costituiti da reti di illuminazione e depurazione acque; crediti inesigibili per 14,7 milioni; 2,4 milioni per il Forcone, considerato bene virtuale. Passivo: fatture scadute per 5,2 milioni; debiti di 12,8 milioni con le banche; debito di 48,7 milioni col Comune.

Sono numeri di un fallimento "che doveva essere ampiamente previsto e evitato". E per questo vengono citati ex amministratori societari, ex amministratori comunali, ma anche ex revisori e società di revisione. Quanto al Comune, si aprono due problemi, se ci sarà una condanna: 1) nasceranno altri debiti non contemplati nella liquidazione del dissesto; 2) un risarcimento diventerebbe danno erariale da imputare a ex sindaci, ex assessori, ex consiglieri comunali in base alle votazioni dei relativi atti. Del resto, con la prescrizione a portata di mano e nessuna notizia dalla Corte dei conti, nessuno ha pagato per il mega dissesto del Comune.

L’atto di citazione parte dalla nascita della Patrimonio Srl, la madre di tutte le partecipate, come trasformazione di Sea Acque Spa. E cita gli eventi (noti ai lettori de "La Nazione") della finanza comunale creativa: per esempio il trasferimento alla Patrimonio dei diritti di superficie della Passeggiata da vendere (stima 22,8 milioni), e di 2,3 milioni di impianti sportivi tra cui Centro Marco Polo, Piscina comunale, Palasport e Campo scuola del Chiaro. Ora non sono più della città, sono stati venduti all’asta. C’è anche il caso del Centro congressi Principe, che fu valutato 7 milioni, conferito alla Patrimonio, e anche questo è stato venduto all’asta. Si arriva così all’ultimo atto, tra la breve giunta Betti, il dissesto e il commissariamento comunale. A fine 2013, a colpi di perdite e svalutazioni, il capitale sociale di 31 milioni era in realtà un patrimonio netto di 30 milioni. Due professionisti furono incaricati della liquidazione della Patrimonio ma il socio unico, il Comune, mai partecipò alle assemblee (così è scritto nella citazione). La richiesta di fallimento giunse quando il capitale sociale era sceso a 27,3 milioni.

Significativa la tabella allegata dei conti dal 2001 al 2014, con perdite voluminose e indebitamento progressivamente crescente: dagli 8 milioni del 2001 ai 95 milioni del 2014, frutto dei servizi e debiti scaricati dal Comune sulla partecipata, un giochino che consentiva di tenere i conti comunali in formale equilibrio. Inoltre la rettifica del patrimonio societario indica che era diventato negativo già dal 2012. La citazione analizza una per una tutte le operazioni della Patrimonio, trova perfino spese legali a carico del Comune scaricate sulla partecipata, elenca una selva di articoli del codice civile che sarebbero stati violati. Emerge e riemerge l’operazione di variazione del capitale, fatta con immobili, per 4 milioni nel 2011, a tutto favore del bilancio del Comune. E le alchimie societarie, le fusioni, le incorporazioni, annunciate come grandi trovate finanziarie, col risultato che tutti conoscono. Ma che nessuno ha ancora pagato.