DANIELE MANNOCCHI
Cronaca

Israele, il racconto dei pellegrini: "Sirene e razzi sopra la testa. Quanta paura a Betlemme”

Viareggio, il gruppo della parrocchia di Don Bosco è riuscito a tornare in città: "È stata una fuga rocambolesca. Molte compagnie aeree hanno interrotto i collegamenti"

Il gruppo di pellegrini

Viareggio, 10 ottobre 2023 – Ieri pomeriggio, poco dopo le 15.30, il gruppo di pellegrini viareggini della parrocchia di don Bosco che nei giorni scorsi era in viaggio in Terrasanta è rientrato in Italia. Sono atterrati a Bologna, da dove si sono imbarcati sul bus che ieri sera, poco prima di cena, li ha ricondotti sani e salvi a Viareggio. Ma non è stato un viaggio facile, quello che ha visto i pellegrini protagonisti, nelle ultime 48 ore prima del ritorno a casa. I razzi, le sirene, la corsa agli approvvigionamenti. E poi due colpi di fortuna, con l’apertura temporanea dei varchi e la compagnia Ryanair che, in solitaria, ha continuato a far decollare i propri aerei. A posteriori, si può dire: c’era il forte rischio che il gruppo viareggino rimanesse bloccato a Betlemme, a meno di 80 chilometri dalla striscia di Gaza.

A raccontare le drammatiche ore vissute dai fedeli della parrocchia di don Bosco è il diacono Roberto Meoni. Ha la voce stanca, quando lo raggiungiamo al telefono, ma sollevata. È appena salito sull’autobus che lo riporterà a casa, dopo la trafila burocratica per il rimpatrio.

Meoni, innanzi tutto come state?

"Tutti bene, ringraziando il Signore".

Dov’eravate quando è partito l’attacco?

"A Betlemme. E siamo rimasti bloccati lì, per un po’. Hanno chiuso tutti i varchi in uscita proprio mentre era previsto il nostro trasferimento a Gerusalemme".

Che avete fatto quando è iniziata la tragedia?

"Per fortuna siamo rimasti in hotel, là a Betlemme. E avremmo rischiato di restarci: per uscire dalla città ci sono tre varchi: sabato mattina ne hanno aperto solo uno, e in via temporanea per una breve parte della mattinata. Per fortuna, noi siamo riusciti a partire, anche se non è stato semplice".

Perché dice che avete rischiato di restare a Betlemme?

"Abbiamo fatto due ore di fila, comprensibilmente. Ma alla fine ne siamo usciti. Appena in tempo: il varco è stato richiuso e ci hanno detto che tutte e tre le uscite resteranno off limits per l’intera settimana".

Come avete fatto a gestire una situazione così complicata?

"Abbiamo organizzato il viaggio tramite un’agenzia di Bergamo: quando siamo arrivati a Tel Aviv ci hanno assegnato una guida che ci ha seguito per tutto il percorso, da quando siamo arrivati fino alla fine del pellegrinaggio. E ci ha aiutato a capire cosa fare nei momenti più concitati.

Le agenzie d’informazione hanno riportato la chiusura dell’aeroporto Ben Gurion. Come avete fatto a partire?

"Alla fine siamo stati fortunati. Stamani (ieri per chi legge; ndr ) siamo partiti e dopo mezz’ora hanno chiuso l’aeroporto di Tel Aviv. Che tra l’altro era chiuso pure domenica. E sempre stamani, sui display dell’aeroporto, ci siamo accorti che Ryanair era l’unica compagnia che assicurava il volo. Tutti gli altri, invece, erano stati cancellati".

Insomma, siete partiti per il rotto della cuffia. Ma quando eravate laggiù avete avvertito qualcosa, al di là delle notizie?

"Siamo sempre riusciti a rimanere tranquilli, per fortuna. Ma ieri (domenica; ndr ) siamo stati a Gerusalemme, ed era palpabile che la situazione non fosse serena. La città era completamente deserta. Siamo andati in pellegrinaggio al Santo Sepolcro: eravamo soltanto noi e altri due gruppi organizzati. Non è una cosa normale, di solito c’è un affollamento importante".

Non è la prima volta che visita Israele, dunque.

"No, è il terzo viaggio che faccio in Terrasanta".

Che atmosfera si respira in quei momenti?

"Purtroppo, e dico purtroppo, si vede che loro sono abituati a questo clima, a queste situazioni di emergenza. Sabato mattina, quando è scattato l’allarme e hanno iniziato a suonare le sirene, in cielo si vedevano in modo nitido i razzi lanciati da Gaza. Ed è partita la corsa ai distributori di benzina: non si riusciva a viaggiare per le strade, col traffico congestionato e tutti gli abitanti che riempivano le taniche".

Un comportamento ’da protocollo’, quindi .

"Sì, la sensazione è questa".

Ma voi cosa avete provato? Che sensazione c’era nel gruppo?

"La sensazione è la stessa di quando hai un terremoto sotto i piedi: non sai cosa fare, non sai dove andare. Noi siamo rimasti alla Basilica della Natività, che era deserta nonostante fosse sabato. È andato tutto bene, ringraziando il Signore. Per fortuna siamo riusciti a rientrare in modo tranquillo, anche se col pensiero rivolto a quello che accade nel Paese".