I clienti andavano nel privé del locale per aver un po’ di intimità in più con ballerine e spogliarelliste. La Procura di Lucca aveva richiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per il gestore del locale, il Meto sulle colline di Massarosa, e per due collaboratori accusati tutti di sfruttamento, favoreggiamento e tolleranza della prostituzione. I fatti risalgono al 2011-12, ma già il Tribunale di Lucca (collegio presieduto dal giudice Gerardo Boragine, a latere i giudici Genovese e Marino) si era pronunciato per l’assoluzione dei tre imputati: il gestore Fabrizio Prosperi (difeso dagli avvocati Massimo Neri dello studio legale Regia Lex e Marisa Gargiulo), Massimiliano Sbranti che era incaricato di controllare cosa avveniva nei privé (difeso dall’avvocato Cristiano Baroni) e Mauro Lorenzetti, addetto alla cassa, che in primo grado era difeso dall’avvocato Elia Pedone.
La procura di Lucca ha però impugnato la sentenza di primo grado arrivata nel 2016 e ha fatto Appello. Processo d’Appello che si è concluso ieri pomeriggio. La corte fiorentina ha confermato la sentenza di primo grado assolvendo Prosperi e Sbranti da ogni accusa. Mentre è stata stralciata la posizione di Lorenzetti perché nel frattempo è deceduto.
L’inchiesta era stata avviata dopo una serie di controlli fatti da poliziotti in borghese che si erano finti clienti all’interno del privé e avevano documentato quello che avveniva con le ballerine-spogliarelliste. Durante le fasi dibattimentali l’avvocato Neri è riuscito a dimostrare non soltanto l’estraneità ai fatti contestati del suo assistito, Fabrizio Prosperi, gestore del locale, ma anche a dimostrare che lui aveva messo in atto tutta una serie di pratiche e controlli proprio per scoraggiare determinati comportamenti all’interno del suo locale. Che oggi è chiuso. Non ha più riaperto dopo il Covid.