
Ha fatto sognare un’intera generazione di bambini. E con le sue favole, le acrobazie, le carezze, le danze africane e il teatro di strada Fabio Chiesa si è impegnato per costruire un mondo di inclusione, partecipazione, solidarietà, gioco, incontro e cura. Sono passati dieci anni da quando Fabio è scomparso, vittima a 37 anni di un incidente stradale a Milano. La mattina in cui fu travolto da un’auto, si stava recando in bicicletta alla prove di un laboratorio teatrale per disabili organizzato con l’Atir, l’associazione teatrale per la ricerca. Una realtà che conobbe per caso sulle tavole del Festival Pucciniano, dove Fabio nel 2000 come giocoliere e mangiafuoco nel primo atto della Boheme. Qui conobbe la regista Serena Sinigallia, e con lei iniziò una seria di esperienze dapprima come mimo e poi da attore che l’hanno portato a Milano. Pur rimanendo ancorato a Viareggio, e alla Compagnia del gran maestro burattinaio che Fabio fondò nel 1996 con gli amici e colleghi Maurizio e Francesco. Una realtà diventata punto di riferimento e per decine, centinaia di bambini. A cui Fabio manca.
Manca da dieci anni, e qui - dov’è nato - c’è uno spazio che parla ancora di lui. Che parla la sua lingua universale e tramanda la sua magia: l’Anfiteatro Fabio Chiesa al Terminetto. Un luogo dove si può esprimere senza sconti il bello che l’arte offre alla vita di ognuno. Uno spazio che cerca di risvegliare menti e coscienze e ricordare alle persone il valore della condivisione.