Viareggio, 6 ottobre 2024 – Con uno sguardo attento al dettaglio, alla ricerca, e all’unicità di una personalità e identità, la sua, come quella degli artisti con cui ha lavorato e lavora, Rebecca Baglini, celebrity stylist, che a soli 18 anni da Viareggio è partita per realizzare i suoi sogni, ha firmato negli anni i look di personaggi come Alessandro Cattelan, Dargen D’Amico e Malika Ayane, affermandosi come una delle eccellenze nella moda italiana.
Laureata in Lettere e Filosofia, ha frequentato il master in fashion Style allo Ied e al Wimbledon College. È stato in quel momento che ha capito che quella era la sua strada?
"Lo sapevo già a 14 anni, grazie al Pucciniano, alla night life della Versilia, con la possibilità di vestirsi e vestire, e in cui la musica ha sempre fatto da filo conduttore, dalla classica, al cantautorato all’hip hop. Sono poi cresciuta in un negozio, “Bazar“, in cui la proprietaria aveva costumi d’epoca e abiti vintage, e guardando l’arte, il cinema, e la musica, sapevo già di volerle unire. È sempre stato qualcosa di immediato. Sapevo che l’utilizzo dell’abito può essere qualcosa di antropologico, e la moda può darti un modo che è tuo, profondo, identitario".
Da ormai 15 anni vive e lavora a Milano, quale pensa sia stato l’elemento determinante per il suo successo?
"La cosa importante è stata sempre e comunque il supporto della mia famiglia, l’umiltà di mio padre, operaio, e di mia mamma, maestra di asilo, che mi hanno sempre detto di andare a studiare lontano. Mi hanno lasciato libera , con la possibilità di eliminare il pregiudizio della provincia. E per me la moda è stato uno strumento di rivincita, credibilità e bellezza. Il mio non è un lavoro, ma la mia vita".
Un lavoro in cui negli anni si è affermata come una delle eccellenze italiane.
"Ho sempre fatto le scelte che mi facevano più paura, fuori dalla comfort zone, e mi sono inventata un lavoro, con un’evoluzione negli anni e un’azienda in cui facciamo direzioni creative dei progetti non limitata allo styling ma anche alla strategia di comunicazione estetica, di come sviluppare l’identità in correlazione alla cultura e al messaggio. Vogliamo essere una sartoria su misura di sogni ed idee".
E qual è la cifra che la distingue?
"La comunicazione e la cultura: studio, leggo, mi documento, frequento persone fuori dal circolo moda. Mi approccio in modo tecnico ed è un lavoro quotidiano di ascolto. E sono grata alle persone che mi permettono di lavorare perché ti mettono in mano la loro immagine, interconnessa a quello che sono".
Da cosa parte per lo styling degli artisti?
"Parte tutto dall’empatia. La fiducia che provi è immediata, con l’autenticità che riesci a costruire. Le idee mi vengono la notte, scrivo tantissimo ed è come un edificio che si costruisce nella testa. Quando sento la scintilla e mi emoziono capisco che è l’idea giusta. Io cerco di ascoltare, ma certo volte anche di imporre. Sono tanto sicura di me e dopo tanti anni ho capito che devo fidarmi solo di me stessa: se sento che un’idea è vincente, lo è".
La soddisfazione più grande della sua carriera?
"È stato bellissimo quando facevo da assistente alla stylist di Madonna. Ma sicuramente Sanremo dello scorso anno, perché con Mattia Stanga, i Negramaro, Dargen D’Amico, Malika Ayane e i Ricchi e Poveri, ho portato la storia del costume su personaggi di entità e fisicità diverse, grazie anche all’ironia degli abiti, come gli orsetti di Dargen, con cui puoi inviare messaggi subliminali potenti, politici. Quella è stata la settimana più bella della mia vita, è stata una sfida gigante ma a me piace vincere, ed è bello quando lo fai con cose che sono così potenti".
Un tassello che, invece, vorrebbe raggiungere, per il futuro?
"Accolgo la vita, perché sono già molto contenta e felice. La cosa che mi piacerebbe è avvicinarmi all’opera lirica e sempre di più al cinema, con costumi per i film, anche se ho già lavorato per serie Netflix e Amazon. E mi auguro sempre di lavorare con persone che stimo. Mi hanno anche proposto di insegnare, ma non credo tanto nelle scuole, perché a volte bisognerebbe avere la credibilità di dire ai ragazzi che non è la loro strada. È un lavoro che puoi imparare, ma che devi avere nel sangue. La cosa importante è che le persone cerchino quello che fa parte di loro, esaltare quello che è nelle ossa".