
Ricostituiamo le dune: "Il mio Bagno Teresa salvo dalle inondazioni". Esperimento col Parco
Le dune come sistemi naturali di difesa costiera, per proteggere il retroterra dalle mareggiate. Anche eccezionali, come quella che una settimana fa, spinta da raffiche di Libeccio fino a 90 chilometri orari e onde fino a sei metri, ha attraversato la spiaggia arrivando ad allagare decine di stabilimenti balneari da Viareggio a Forte dei Marmi e causando migliaia di euro di danni. Ma per scongiurare il rischio di sommersioni "non servirebbe inventare nulla di nuovo – dice Cristiano Pezzini, titolare del bagno Teresa sulla Marina di Levante – : la natura ha meccanismi perfetti di autoconservazione dell’ambiente, come fanno appunto le dune per la costa. Meccanismi che una diga artificiale non può replicare con la stessa efficacia"
Per Pezzini, presidente del consorzio dei balneari della Darsena, la duna con la sua vegetazione non è una provocazione ma un’evidenza scientifica. Dal 2013, proprio nel suo piccolo tratto di spiaggia in concessione, è in corso un “Progetto sperimentale di ricostruzione dell’ambiente dunale“, a cui partecipano insieme i volontari di Legambiente Versilia, il Parco di Migliarino San Rossore e il centro interdipartimentale di ricerche Agroambietali “Avanzi“ dell’Università di Pisa. E dopo dieci anni, "in cui ho lasciato semplicemente che il sistema dunale si ripristinasse naturalmente, proteggendolo dal calpestio estivo e costruendo percorsi alternativi per consentire ai clienti di raggiungere gli ombrelloni" spiega Pezzini, la sommità della duna è arrivata "un metro e mezzo sopra il piano strada della Darsena". Formando uno scudo naturale di fronte al quale il mare non trova varchi in cui scivolare.
E così "davanti al mio stabilimento – racconta il balneare – da anni ormai l’acqua non arriva nemmeno a metà spiaggia. Con l’ultima mareggiata di qualche anno fa, prima che questo progetto prendesse vita, il mare invece spaccò la diga artificiale di sabbia lasciandomi una vagonata di danni". E questo accade perché rispetto ad un muraglione di sabbia la duna è un habitat composito, "in cui la flora – aggiunge Pezzini – esercita efficacemente una funzione edificatrice e consolidatrice". Sostegno che un semplice vallo di sabbia, come quello che dopo la grande mareggiata è stato alzato in fretta e furia anche lungo la Passeggiata, non ha: "Viene piano piano levigato dal vento e infine forzato dalle onde del mare quando le condizioni sono eccezionali"
La duna costiera invece col vento e le mareggiate, con gli straccali, tende a rinforzarsi. "Perché grazie al lavoro di ingegneria delle piante la sabbia viene intrappolata e poi restituita alla spiaggia antistante". Questo serbatoio dinamico, "utile anche contro l’erosione", fa alzare complessivamente tutto il piano spiaggia. "E in un ambiente dunale quando l’onda scatena tutta la sua forza sulla battima incontra una salita, e non un muro da abbattere. Dunque l’acqua si stanca, si ritira e lascia altra sabbia che va ad accumularsi sulla duna. In caso di eventi atmosferici davvero estremi – conclude Pezzini – è possibile che la duna sia coperta, ma comunque ha fatto il suo lavoro. Proteggere la costa. Dal mare, ma anche dall’erosione e dal salmastro. Per tutte queste ragioni il sistema dunale è un risorsa vitale per il nostro territorio, su cui varrebbe la pena investire".