Serena Guardone, la forza del palco: "È la bellezza di unirsi e osservarsi"

Fondatrice de “La Bottega del Teatro“ è attrice e scrittrice di testi e monologhi anche per compagnie esterne

Serena Guardone, la forza del palco: "È la bellezza di unirsi e osservarsi"

Fondatrice de “La Bottega del Teatro“ è attrice e scrittrice di testi e monologhi anche per compagnie esterne

di Gaia Parrini

Una comunità e un luogo di condivisione, un teatro città dove a prendere forma, corpo, sostanza soono i sogni, i ricordi, i pensieri, e la vita, le identità degli individui. È lì che accade, sul palco della Bottega del Teatro, e nel mondo, sognante, di Serena Guardone, fondatrice, insieme a Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini della scuola, e attrice, scrittrice, drammaturga.

Serena, quando ha cominciato a recitare?

"Durante gli anni dell’università mi sono approcciata ad un percorso laboratoriale di teatro di provincia. È esplosa questa grande passione trasformata in consistente realtà, perché ho avuto la fortuna di incontrare i Sacchi di Sabbia e il teatro di ricerca, conoscendo artisti in tutto il mondo".

E nel 2009 insieme a Luca Barsottelli e Mirtilla Pedrini ha fondato La Bottega del Teatro. Da quale esigenza è nata la scuola?

"Tutti e tre abbiamo sempre avuto una vocazione pedagogica e l’idea che l’arte possa contribuire alla società civile. Così è nata l’idea di creare un’associazione che rispondesse a certi valori, come centro di ricerca per pedagogia teatrale e linguaggi scenici. A volte le scuole di recitazione esaltano la figura dell’artista, noi crediamo invece che si nasce bambini e poi si diventa artisti e l’arte può essere trasmessa e scoperta. Volevamo un posto democratico che potesse valorizzare ciascuna persona".

Quanto è importante il teatro negli anni di formazione, per la propria identità?

"Esplorare l’arte è fondamentale per l’essere umano, perché attraverso il teatro si sta con il proprio corpo ed emozioni. Riallinearsi con emozioni, mente e corpo ci fa sentire più intere sia come individui che nelle relazioni con gli altri: è uno strumento di fiducia e scambio reale. E sono sempre felicissima quando vado nelle scuole perché lavoro con tanti bambini, con fragilità e potenzialità diverse. E il teatro è il posto dove si scopre proprio la bellezza di unirsi per creare qualcosa di potente".

Organizzate anche laboratori per persone con disabilità e all’interno di Rsa.

"Ora, ad esempio, stiamo seguendo un laboratorio a Villa Cicchetti. È un lavoro completamente diverso ed emozionante, in cui lavoriamo tanto sull’intervista, sul far raccontare la propria vita. Perché le persone sono una miniera di racconti, di ricordi e talvolta il loro è un punto di vista meraviglioso, più rarefatto, nebbioso, sulla realtà. Ci perdiamo in tante cose e loro invece riescono, con poco, a raccontare il succo della vita"

La Bottega del Teatro si basa sul teatro sociale. Quanto è importante un teatro del genere in una città?

"Il nostro sogno è creare un teatro abitato. Perché il teatro è nato così: un momento in cui stiamo insieme e capiamo cosa significa stare insieme. Ha una funzione civile. È una grande agorà, crocevia in cui ci si trova e ci si osserva su vari argomenti, anche alla luce, ahimè, di quello che succede, e per cui mi sembra ci sia un disperato bisogno di trovare un senso di condivisione delle esperienze".

Qual è il suo approccio nella scrittura dei testi?

"Ci sono tre dimensioni di scrittura e di lavoro. I testi che scrivo per laboratori con i miei allievi, a scuola, partendo spesso da un’opera narrativa, un quadro o un tema, facendo improvvisare tanto e prendendo ispirazione da loro componiamo i testi. Poi ci sono le cose che scrivo come drammaturga per me stessa come attrice, come “Mezzo Chilo“, “Amore Cosmico“, una ricerca sui sogni, o “Kiss“, spettacolo per la prima infanzia tratto dall’albo illustrato, che partono da urgenze comunicativa interne. Poi i testi per gli altri: anche in questo caso sono urgenze mie ma che prendono un’altra fisionomia, mi stacco più da me per cercare temi universali. O sono gli allievi, o sono io, o è il mondo, ma cerco sempre di mettermi in ascolto".

Vale anche per le sue poesie?

"Ho scritto composizioni in versi perché alcune cose che sentivo non potevano che avere quella forma, minimalista ed evocativa che non poteva essere messa in scena con storia e corpi, ma aveva bisogno di essere sulla carta. Sto lavorando ora, ad esempio, al teatro di oggetto, una ricerca sull’antiquariato e l’oggettistica che si trasformano. Ciascuna forma richiede una certa dimensione. Non forzo mai un argomento dentro la forma che io desidero, ma cerco di ascoltare quella forma, quel ricordo, quella storia e quella persona".