MARIA NUDI
Cronaca

Sindrome di down: "Il percorso verso un mondo migliore"

L’Aipd impegnata nei corsi e nella formazione

Sindrome di down: "Il percorso verso  un mondo migliore"

Angela Bertacchi (ultima a destra) ha aperto 15 anni fa la sezione versiliese dell’associazione italiana persone down

Sergio ha 34 anni, un lavoro da magazziniere nella zona industriale delle Bocchette, una fidanzata, da adolescente si spostava in bicicletta, una famiglia che lo ama: niente di eccezionale verrebbe da dire, ma quando era un adolescente gli capitava spesso che lo sguardo degli altri fosse insistente nei suoi confronti o gli capitava quando andava in bicicletta che le persone che lo incrociavano fossero protettive, forse anche troppo. Perché? Perché Sergio è nato con la sindrome di Down.

Oggi la situazione è diversa, ma c’è ancora tanto cammino da fare e le conquiste fatte sono figlie dell’impegno delle associazioni. Angela Bertacchi è presidente della Associazione Italiana Persone Down, sezione Versilia, una laurea in medicina, si è messa in gioco e ha fondato la associazione 15 anni fa che ha sede nei locali, a uso gratuito, della Misericordia di Capezzone Pianore.

Come e perché nasce la sezione Versilia?

"Mio figlio Sergio è nato con la sindrome di Down e quando aveva 15 anni ho fondato la associazione, oggi conta 37 famiglie, immaginando un futuro per queste persone. Un futuro il più inclusivo possibile".

Di cosa si occupa la associazione?

"Organizziamo corsi di autonomia sociale. Lo scopo primario è rendere il tessuto sociale il più inclusivo possibile per il futuro di queste persone".

Cosa è cambiato negli anni rispetto agli inizi di questo percorso?

"Abbastanza direi: abbiamo lavorato sulla inclusività nella scuola, nel lavoro, nel tempo libero e soprattutto l’impegno è rendere indipendenti a tutti i livelli chi ha la sindrome di Down. Ci sono ancora delle tappe da fare, ma il cammino è stato tracciato. La associazione da ottobre a maggio ha in affitto un appartamento a Lido di Camaiore dove tutti i pomeriggi si organizzano corsi per l’autonomia sociale di queste persone. Si inizia da bambini fino agli adulti. Inoltre nei fine settimana gli adolescenti, fascia 15-18 anni, e i ragazzi più grandi vivono in maniera indipendente"

Tanti passi avanti: cosa resta da fare ancora?

"Innanzitutto è necessaria una maggiore formazione che inizi dalla scuola e comprenda la scuola, lo sport, il tempo libero. Inoltre è necessario avere un approccio linguistico diverso. Sento spesso persone che li chiamano “ragazzi“ anche quando hanno una età adulta. Non va bene: queste persone lo sono a tutti gli effetti e quindi sono uomini e sono donne. L’inclusione parte anche dal linguaggio che può sembrare una banalità, ma non lo è perché rispecchia il pensiero della opinione pubblica"

Fondatrice e presidente della associazione cosa significa questo impegno?

"Quando ho fondato l’associazione ho dovuto rivedere tutta la mia vita da quella familiare a quella professionale, perché l’associazione mi impegnava moltissimo. Ho scelto di essere un medico di continuità assistenziale. Oggi il mio ruolo resta impegnativo, ma è tutto più semplice. Quando la ho costituita sentivo che era necessario fare qualcosa per queste persone e per le loro famiglie. E’stata ed è una sorta di missione".

Quindici anni di presidenza sono molti, il futuro?

"Spero che in primavera l’associazione abbia un nuovo presidente. Mi subentrera un altro medico.