
Marco Piagentini (foto Umicini)
Viareggio, 30 giugno 2021 - "Siamo aggrappati a brandelli di giustizia. A questo siamo ridotti...". Le parole escono di getto a Marco Piagentini , nel giorno in cui nella sua testa inevitabilmente si accavallano mille pensieri, mille ricordi. Quelli di sua moglie (stefania Maccioni) che non c’è più e di due dei suoi tre figli, Lorenzo e Luca, strappati alla vita in tenera età. Le motivazioni della sentenza di Cassazione non sono ancora uscite a quasi sei mesi dalla lettura del dispositivo e Marco, presidente dell’associazione ‘Il mondo che vorrei‘ non riesce a trattenere la rabbia sua e dei familiari delle vittime che rappresenta. Rabbia che non è solo di Viareggio ma anche di tutte le altre città teatro di stragi prodotte, come la nostra, da incuria, scarsa manutenzione, poca attenzione alla sicurezza.
Marco, per la Cassazione la strage di Viareggio non fu causata da un incidente sul lavoro... "E’ un fatto di una gravità inaudita. Crea un precedente pericoloso in Italia dove sono già istruiti altri processi per incidenti ferroviari dove i giudici hanno inserito l’aggravante dell’incidente sul lavoro. Ma se tale aggravante è stata tolta a Viareggio rischia di subire la stessa sorte anche negli altri processi. E’ assurdo". A distanza di quasi sei mesi qual è la vostra posizione su questa sentenza? "Pensavamo e speravamo di poter chiudere un capitolo a Roma. E invece è stata letta una una sentenza che stride con il buon senso come quei pezzi di ferro che sentivamo stridere la notte del 29 giugno. Ci furono 32 morti bruciati ma per la legge italiana non sono neppure morti visto che sono andati in prescrizione i reati di incendio e di omicidio colposo. E’ una sentenza che ci ha travolto e sconvolto di fronte alla quale ti senti inerme, impotente, indifeso. Proprio come quella notte maledetta". Qualcosa è cambiato in questi 12 anni? "Mi sembra proprio di no. Gli incidenti continuano ad avvenire. Non solo nel mondo del trasporto ferroviario. Pensa a Genova o al crollo della funivia. Sembra che la questione sicurezza non interessi a nessuno". E come te lo spieghi? "Col fatto che nonostante tutto, nonostante le indagini in corso, nonostante i processi già iniziati si continua ad affidare incarichi importanti a persone che sono inquisite o addirittura condannate. Penso a Moretti, ma non solo a lui. Penso a Gentile o Morello. Si dice che fino a che la condanna non è passata in giudicato una persona è innocente. Questo è vero, ma perché affidar loro incarichi importante dove hanno già fallito? Chiamereste in casa vostra lo stesso idraulico che la volta prima vi ha fatto dei danni? O, per essere più bruschi: affidereste vostro figlio a un professore che è sotto processo per pedofilia?". Avevate chiesto di fare rumore in questi giorni. Avete avuto la risposta che attendevate? "Direi proprio di sì. Non solo da Viareggio, ma da tante città italiane ci sono arrivati post e foto di striscioni e manifesti appesi ovunque. E’ una cosa che ci fa piacere perché ci sentiamo meno soli in questa nostra battaglia su giustizia e sicurezza. Ma chiediamo che questo movimento che si è creato non si fermi con il 29 giugno, ma vada avanti anche nei prossimi giorni".
Un percorso di giustizia e verità che i familiari delle vittime perseguono da 12 anni, all’indomani della tragedia che sconvolse le loro vite. Purtroppo l’Italia sembra restare sorda di fronti agli appelli di investire di più in formazione e sicurezza. E lo dimostrano i tanti, troppi disastri e incidenti sul lavoro che continuano a ripetersi nel nostro Paese.