GIOVANNI LORENZINI
Cronaca

Strage di Viareggio, 29 giugno 2009. Apocalisse sui binari: "È una notte tranquilla...". Poi si scatenò l’inferno

Il treno della morte deragliò alle 23,48. La devastazione in meno di 100 secondi. Le operazioni di soccorso, il via vai delle ambulanze e l’ospedale preso d’assalto

Viareggio, 29 giugno 2024 – Ultimo ‘giro di nera’ alle 23,40 di lunedì 29 giugno 2009. “Carabinieri”. “Ciao, è ‘La Nazione’, c’è niente di nuovo della serata?’. “Tutto a posto, buonanotte, a domani”. La liturgia del ‘giro’ prevede altre tappe canoniche, polizia, polstrada, 118, vigili del fuoco. Stessa risposta. Ma quella non sarà una ‘buona notte’ perché un quarto d’ora dopo quelle soffici parole, Viareggio verrà inghiottita dalle fauci del più grande disastro ferroviario italiano in tempo di pace.

E quindici anni dopo, con il processo – tecnicamente parlando, non è ancora finito: tredici condanne sono sicure, per 12 imputati c’è solo da ricalcolare la pena – ancora in corso, fa un certo effetto ripercorrere quelle ore che hanno fatto la Storia non solo di Viareggio ma del nostro Paese. La commozione c’è oggi. Come allora. In un battibaleno, passare dalle bagatelle cittadine, a morti, feriti, dispersi, devastazione, disperazione, dolore sconfinato e lo stillicidio dei giorni successivi è stato uno choc devastante anche per i cronisti chiamati ad operare sul campo.

Il dramma: alle 23,48 il treno merci 50325 partito da Trecate in provincia di Novara e diretto a Gricignano in provincia di Caserta, motrice e 14 cisterne piene di gpl, complessivamente quattrocento mila litri di gas petrolio liquido, deraglia poco dopo la stazione di Viareggio Centro: il primo carro si ribalta. Si apre un foro: fuoriesce il gas... Sono sufficienti meno di 100 secondi perché si materializzi l’inferno. Una scintilla e niente sarà più come prima. Via Ponchielli, la strada che lato monte corre parallela alla ferrovia, diventa il calvario della città. Tutto attorno è fiamme e devastazione. Inizia il ‘concerto’ struggente e agghiacciante delle sirene. La telefonata alla redazione centrale. "Michele (Manzotti: un affettuoso ricordo del collega scomparso ndr ), ferma le pagine: alla stazione di Viareggio ci sono state esplosioni e un incendio...".

Dal vivo: è sufficiente arrivare nelle vicinanze di via Ponchielli - ma la prima vittima vista è sul versante opposto, in via Burlamacchi, quasi di fronte alla sede della Croce Verde -, per rendersi subito conto che il bilancio della tragedia non sarà leggero. Le testimonianze di chi è scampato al disastro e ha voglia di raccontare riempie i taccuini di storie e di immagini che fanno accapponare la pelle. "Ho visto persone trasformate in torce umane”. Le operazioni di soccorso nelle quali sono impegnati - con dedizione e professionalità - decine e decine di vigili del fuoco e anche le forze dell’ordine, vedono anche protagonisti molti volontari che con la generosità tipica nel dna dei viareggini emerge nei momenti del bisogno. A scavare tra la macerie, gomito a gomito, ci sono giovani e anziani, operai e professionisti. La città che ha ‘sentito’ le esplosioni – ci sarà qualcuno che scoprirà la tragedia solo la mattina, accendendo la televisione – non va a dormire. Resta al pezzo, aspettando notizie mentre l’elenco delle vittime impietosamente diventa sempre più lunga.

Al pronto soccorso: se attorno a via Ponchielli, via Porta a Pietrasanta e dintorni, è l’inferno di un fronte di guerra, al pronto soccorso dell’ospedale unico della Versilia, è la sua... proiezione sanitaria. Perché decine di ambulanze – provenienti anche da fuori provincia – fanno la spola da Viareggio a Lido di Camaiore. "Abbiamo richiamato tutti al lavoro, anche medici ed infermieri in pensione hanno telefonato dando la loro disponibilità...". Ore e ore a suturare, pulire le ferite, iniezioni, anche prime cure psicologiche per chi è ancora sotto choc. I minuti passano veloci, nessuno guarda l’orologio, non ne ha il tempo Cominciano a volteggiare gli elicotteri: ci sono i grandi ustionati da trasferite nei centri specializzati in tutta Italia. “Dottore, una parola: non ho tempo, ci sono persone che hanno bisogno di me...”. “Scrivete che è un inferno”. Passano le barelle con persone ‘foderate’ di alluminio (i grandi ustionati), arrivano parenti, arrivano anche i curiosi. Abbracci e lacrime. Una bolgia. Ma la barra è a dritta. Le operazioni di soccorso di quella notte diventeranno un modello da esportare in Europa per la qualità dei servizi garantiti.

Giovanni Lorenzini