Viareggio, 20 giugno 2019 - E’ arrivato il giorno della verità. Oggi, giovedì 20 giugno, al Palazzo di Giustizia di Firenze sarà letta la sentenza della Corte d’Appello sul disdastro ferroviartio di Viareggio. Un secondo, importante passo verso quella verità e giustizia per cui da 10 anni, da quando quel maledetto treno merci che trasportava gpl portò nelle case di Viareggio morte, distruzione, devastazione. Lasciando aperte ferite, fisiche e psicologiche, che nessuna sentenza di tribunale, comunque, potrà mai sanare. Lo sa bene chi ha perso una figlia di 21 anni, oppure un figlio che si era da poco sposato e progettava il futuro. E lo sa, a maggior ragione, chi ha visto la propria famiglia, la propria vita, scomparire in un attimo, come Marco Piagentini e Ibi, diventati, loro malgrado, simboli della tragedia. Scampati miracolosamente a quell’inferno, rimasti gli unici (o quasi) sopravvissuti di quel disastro. Oggi arriva la sentenza di secondo grado. Sicuramente con uno sconto di pena di sei mesi (stando alle richieste della Procura generale) per la sopraggiunta prescrizione di due dei reati contestati: l’incendio colposo e le lesioni colpose. Sconto di sei mesi al quale Mauro Moretti, principale imputato del processo e condannato a sette anni in primo grado, ha dichiarato di rinunciare. Ma ha rinunciato solo alla prescrizione di questi due reati. In ballo c’è anche un’altra prescrizione, quella relativa all’omicidio colposo. Anche questo reato potrebbe essere cancellato con un colpo di spugna nel caso in cui la Corte d’Appello (presidente il giudice Paola Masi) non dovesse riconoscere l’aggravante dell’incidente sul lavoro. Le difese, in sede di appello, hanno puntato forte su questo aspetto sostenendo che il disastro ferroviario di Viareggio non è riconducibile nell’ambito degli incidenti sul lavoro. Una tesi che cozza non soltanto con la granitica convinzione della pubblica accusa – sostenuta in aula dal Procuratore generale Luciana Piras e dal Pm Salvatore Giannino che ha seguito l’inchiesta fin dall’inizio con il collega Giuseppe Amodeo – ma anche con quanto scritto con parole forti e chiare nelle motivazioni della sentenza di primo grado dal giudice Gerardo Boragine (coadiuvato dai colleghi Nidia Genovese e Valeria Marino). E da questa sentenza, in fondo, si riparte oggi a Palazzo di giustizia di Firenze.
Si riparte da quelle 25 condanne e 10 assoluzioni nei confronti dei vertici manageriali delle aziende coinvolte nel disastro: Rfi, Trenitalia, Cima Riparazione, la multinazionale Gatx, proprietaria del carro merci e la Jungenthal, la ditta tedesca presso cui si tenne (o forse sarebbe più il caso di dire non si tenne) la manutenzione dell’assile poi montato sul convoglio deragliato nella stazione di Viareggio.