Se qualche anno fa mi avessero detto: "un giorno andrai in Swaziland" avrei dovuto fare mente locale per cercare una collocazione geografica a questo piccolo regno africano. Poi è successo che mi sia trovata davvero ad attraversare lo Swaziland durante un viaggio a sud del continente africano e finalmente questo lembo di terra ha assunto delle coordinate precise: su tre lati c’è il Sudafrica, a est il Mozambico e nessuno sbocco sul mare. La “terra degli Swazi” deve il suo nome alla principale etnia del paese e, sebbene sia molto piccolo e soffra di un basso livello di sviluppo economico, custodisce preziosi parchi naturali tutti da visitare. È questo il motivo che mi spinge a raggiungere una parte di mondo piena di fascino dell’esotico dato dalla presenza di tribù basate sul potere di un capo e sulla poligamia.
Il passaggio della frontiera è ammantato di mistero e sospensione del tempo, i chilometri per raggiungerla sono un susseguirsi di paesaggi brulli e quasi nessun segno della presenza umana. Varcato il confine, lo Swaziland mi accoglie con una serie di curve tra valli desolate intervallate da sporadici villaggi, case dai tetti di paglia e poche masserizie ammassate. A poco a poco il paesaggio si ammorbidisce ed eccola lì la meta, la Ezulwini Valley, che alla lettera significa “luogo del paradiso”. Sono diretta alla Mantenga Nature Reserve, in cui si trova il Mantenga Cultural Village, la riproduzione di un villaggio swazi del XIX secolo dove capire la vita tradizionale delle tribù e la divisione dei ruoli all’interno della società. Le donne preparano il cibo, intrecciano l’erba e realizzano lavori di perline da vendere come sostentamento, mentre la capanna della guaritrice è la più spaziosa perché è la figura di riferimento per la famiglia. È qui che assisto a uno spettacolo della danza sibhaca in costumi tradizionali eseguita da un gruppo di uomini e donne sempre in movimento che sferrano calci vigorosi al ritmo di tamburi incalzanti. I canti sono travolgenti, i movimenti fluidi e ben studiati: non rimane che lasciarsi trascinare da una forza tribale che coinvolge tutte le viscere del corpo, che va al si là di una lingua sconosciuta, e con la musica ancora in testa mi avventuro per il sentiero che conduce alle Mantenga Falls, le cascate della riserva.