REDAZIONE VIAREGGIO

Un personaggio amatissimo Mezzo secolo fa ci lasciava il pilota Massimo Larini

La leggenda dell’Alfa Romeo rimase vittima di un incidente alla 24 Ore. Una settimana di agonia, la stretta di mano col fratello, poi l’affetto della città.

Un personaggio amatissimo Mezzo secolo fa ci lasciava il pilota Massimo Larini

L’ultimo a vederlo, aggrappato in maniera flebile alla vita, fu il fratello gemello Flavio in un letto dell’ospedale di Liegi, in Belgio, dove era ricoverato da una settimana in condizioni disperate. Una stretta di mano. L’ultimo saluto. Poche ore dopo, il cuore di Massimo Larini cessò di battere. Avrebbe compiuto 32 anni pochi giorni dopo, il 3 agosto. Il nome del pilota dell’Alfa Romeo entrò di slancio e di diritto nel Mito, perché quando lascia la vita terrena un campione sportivo, quella è la sua naturale destinazione. Cinquanta anni fa. Mezzo secolo dopo, il suo ricordo continua a vivere fra i familiari (la moglie Anna e i tre figli, Elena, Paolo e Massimo, quest’ultimo nato tre mesi dopo la morte del padre), fra i parenti, gli amici e nello sterminato popolo degli alfisti di mezzo mondo. Sarebbe bello che continuasse a vivere anche in città, visto il legame della famiglia Larini con la storia commerciale, imprenditoriale e sportiva di Viareggio. L’avventura era cominciata con un’officina, diventata poi concessionaria dell’Alfa Romeo di via Rosmini, gestita da Enrico Larini, il babbo dei gemelli Flavio e Massimo. Un punto di riferimento per la casa di Arese ma anche di una clientela di prestigio non solo locale. La famiglia Larini poi era conosciutissima. I motori erano il collante di tanta attenzione, ma in generale anche lo sport visto che la mamma di Massimo e Flavio, la signora Autilia era la sorella di Renato Tori, gloria calcistica prima del Viareggio e poi della Fiorentina e di altre squadre professionistiche, vincitore dello scudettino di guerra Alta Italia 1943-44 con la maglia dei Vigili del Fuoco della Spezia.

"Massimo e Flavio avevano il motore nel sangue – raccontano ancora oggi gli amici dell’epoca –: da ‘bamboretti’ presero in... prestito un camion dell’esercito americano e girarono in città fra la sorpresa generale perché la gente non vedeva nessuno alla guida". Piloti gemelli, Massimo baciato dall’Alfa Romeo Gran Turismo, così come Flavio. "Essendo due gocce d’acqua – raccontano ancora gli amici – talvolta, soprattutto quando erano alle prime armi, si scambiavano alla guida". Leggenda o verità, questo lo sanno solo loro, i gemelli Larini (Flavio ci ha lasciato un anno fa). Massimo aveva scalato con la classe innata la gerarchia della scuderia del ‘quadrifoglio’ diventando pilota ufficiale nel campionato mondiale Gran Turismo, caratterizzato dalle gare di durata. Vinceva. Dava spettacolo, Girava il mondo. Era un idolo. Classe innata, talento, voglia di emergere. In poche stagioni, il suo nome aveva conquistato le pagine dei giornali specializzati. "Ma quando – ricorda Alfredo Banchieri, cultore della storia dell’Alfa Romeo – tornava a Viareggio, non poteva fare a meno di passare a trovare gli amici al bar Gigi in via Rosmini: per tutti aveva un saluto, un pensiero, un sorriso. Indimenticabile".

Massimo aveva tanti amici anche nell’ambiente calcistico: il Viareggio dell’epoca (anni ‘70) era una grande famiglia. Il dramma di Massimo Larini si consumò sulla pista di Spa Francorchamps, in Belgio, nel corso della 24 ore, il 21 luglio, quando il pilota viareggino si trovava al comando della corsa. Un incidente drammatico che a distanza di mezzo secolo nasconde ancora troppi interrogativi sulla dinamica. Una settimana di agonia, angoscia e flebili speranze fino al dramma finale, la telefonata dal Belgio che il gemello Flavio fece per annunciare che "Massimo non ce l’ha fatta".

Viareggio muta e attonita, nonostante il clima festaiolo balneare, si fermò nel bel mezzo dell’estate del 1973: dal 21 luglio in avanti il dolore prese il sopravvento. Il 28 poi... La camera ardente al palazzetto dello sport, migliaia di persone da tutta Italia. Tutto il resto è memoria. Individuale e collettiva. Racconta la nipote Susanna, figlia di Flavio: "Nel 2009, quando il palasport diventò la camera ardente di molte vittime del disastro ferroviario, mio padre volle essere presente perché aveva perso molti amici e conoscenti. Quando rientrò a casa era stravolto. Mi disse ‘ho provato le stesse sensazioni di quel giorno... Massimo’. Non riuscì a finire la frase per la commozione". Gemelli per sempre.

Giovanni Lorenzini