
di Enrico Salvadori
La notizia della sua morte arrivò in redazione, venti anni fa, un tardo pomeriggio sonnacchioso di Capodanno. La Versilia stava smaltendo gli effetti dei bagordi di San Silvestro e nella casa di famiglia a Montemagno sulle colline di Camaiore ci lasciava uno dei più grandi artisti che l’Italia abbia mai avuto. Giorgio Gaber con le sue canzoni ha raccontato la storia del nostro Paese e noi italiani. Lo ha fatto in modo ironico, pungente e anticonformista. Dando la voce a chi la voce non aveva.
Un artista a tutto tondo e la maggior parte delle sue canzoni sono un testamento ‘politico’ dell’Italia che ha vissuto. Un’esistenza breve quella di Giorgio Gaberscik che ci ha lasciato a soli 63 anni, 42 dei quali vissuti a fianco della donna della sua vita Ombretta Colli. Dal loro matrimonio è nata Dalia oggi alla testa della più importante agenzia di comunicazione italiana, la Goigest.
Il signor G non è morto per caso in Versilia. Era la terra che amava e che aveva scoperto quasi per caso. Versilia che è diventata la sua patria insieme a Milano. Cosa sia stato il signor G lo sintetizza la targa apposta nella casa meneghina dove nacque. "Inventore del teatro canzone. La sua opera accompagnerà vecchie e nuove generazioni sulla strada della libertà di pensiero e dell’onestà intellettuale".
Proprio così. Un apripista, un precursore, quello che era avanti. Una targa c’è anche al Casablanca, il locale della Passeggiata citato in pezzo del 1972 scritto da Gaber e dal suo fido e straordinario sodale Sandro Luporini. Nella scelta di Viareggio per Giorgio c’è anche la vicinanza con questo altro genio che ha contribuito in modo determinante al suo successo. Costruendo con lui l’epopea del teatro-canzone, genere che non era facile da apprezzare da chi aveva nell’orecchio le canzonette. Ho avuto la fortuna di conoscere Giorgio e di apprezzare un uomo straordinario che ha coniugato pragmatismo milanese e passionalità toscana nella sua infinita analisi della società italiana e dell’essere umano.
L’arrivo in Toscana di Gaber e Ombretta Colli fu casuale. Nell’estate 1965 Giorgio va a prenderla a Roma dove gira un film. Nel viaggio di ritorno verso Milano la sosta a Viareggio per salutare un amico, Sandro Luporini appunto. Gli alberghi erano tutti esauriti e la coppia trascorse la prima notte in auto. Doveva essere una visita breve ma si protrasse per giorni. Poi la decisione di passare sempre da noi le vacanze e, dopo aver girato tutti gli alberghi, la decisione di acquistare una casa. Meglio in collina, nell’entroterra.
La Padula a Montemagno è diventata il paradiso, il luogo dove ritemprarsi e dare spazio all’ispirazione. E dove sono arrivati tutti i nomi più importanti della canzone italiana. Anche la Bussola ha avuto un ruolo importante per Giorgio grazie alla genialità di Bernardini che lo stimava molto. Il Casablanca di Viareggio era il ritrovo classico per l’aperitivo dalle 18 alle 20. Non c’erano i cellulari ma era una felice consuetudine.
Poi il grande rapporto anche con Pietrasanta, cementato dall’amicizia con Manrico Nicolai. Sia la Versiliana che il Comunale di Pietrasanta hanno ospitato le prime e le repliche dei capolavori teatrali gaberiani. Gaber aveva ancora tante cose da dire quando ci ha lasciato. Troppo presto. Un impegno che portano avanti Ombretta e Dalia e tutti i componenti della Fondazione a partire dal presidente Paolo Dal Bon. C’è un’opera giustamente da perpetuare nel tempo, diffondendola anche alle nuove generazioni che scoprono Gaber e non se ne distaccano più. Capendo bene che quelle erano la musica e i testi dell’impegno per cambiare la società. Non sono certo gli strampalati prodotti di oggi.