Viareggio, 31 agosto 2023 – “Un simbolo, come la Vespa e la Fiat 500". Tra le icone che raccontano con un flash il boom economico degli anni Sessanta e Settanta, ce n’è una legata a doppio filo alla Versilia: il pattino. Ops: pardon, patino, rigorosamente con una ’t’ sola.
E proprio al "timeless pattino", il "patino senza tempo", è stato dedicato un bel reportage dalla rivista americana WoodenBoat Magazine , specializzata in barche di legno e che il prossimo anno taglierà il traguardo dei 50 anni di attività. "Il patino è un catamarano a remi – scrive l’autore – che si è sviluppato in Italia all’inizio del secolo scorso e si è evoluto nei decenni successivi: in principio era un natante usato esclusivamente per lavoro, poi è diventato un’imbarcazione di piacere per i turisti che andavano al mare".
Imbarcazione semplice, la sua conformazione ne tradisce l’originaria funzione: una panca a uso del rematore e uno spazio piano per il trasporto. Della merce, in un primo momento. Poi, anche delle persone. "La sua conformazione lo rende perfetto per le coste sabbiose: il peso contenuto è vantaggioso sia per entrare in acqua, sia per il rientro a terra, ma al contempo riesce a essere equilibrato sull’onda. In un primo momento, si è diffuso nel Centro Italia: in Romagna e nelle Marche sull’Adriatico e, sul Tirreno, in Toscana (in particolar modo nell’area della Versilia) e nei pressi di Roma".
Col passare degli anni, la fisionomia del patino ha subìto qualche leggero ritocco per renderlo più adatto a scopi ludici. Ha iniziato ad essere popolare anche tra i turisti a partire dagli anni Venti, ma è solo nel secondo dopoguerra che il patino ha raggiunto il massimo fulgore della sua epopea: il picco si è avuto tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, ma ancora vent’anni dopo rimaneva un accessorio apprezzato e caratteristico delle spiagge versiliesi. "Un’icona dell’estate italiana": così lo definisce Wooden Boat Magazine : "I patini erano delle limousine d’acqua per le spensierate e sfacciate avventure dei playboy italiani. Al tempo stesso erano dei simboli, al pari della Vespa e della Fiat 500, della classe media italiana. I patini evocavano entusiasmo e ottimismo".
Le implicazioni ludiche, si diceva, hanno finito col modificare l’originaria struttura dei patini. "Esistevano differenti tipologie e versioni del patino: alcuni avevano panche e sedute per una o due persone. Altri ancora avevano installata una chaise longue per la pratica - come si diceva ai tempi - di ’avventure orizzontali’. I natanti a noleggio di solito venivano dipinti degli stessi colori degli stabilimenti che li affittavano. Durante il boom economico, negli anni Sessanta e Settanta, chiunque abbia passato una vacanza in Italia conserva la memoria dei patini che vanno e vengono, con le persone in fila ad aspettare il proprio turno: c’erano famiglie con bambini, gruppi di ragazzi e coppie che speravano in una fuga dalle spiagge affollate e rumorose".
Non si può raccontare la storia del patino, specie in Versilia, senza ricordare la sua funzione nella sorveglianza e sicurezza delle spiagge. Nel tempo, i patini sono cambiati: quelli di legno, ormai, sono in dismissione un po’ ovunque, sostituiti dalla vetroresina che li rende molto più leggeri e maneggevoli. Anche la fisionomia della prua, col cambio di materiale, di è modificata: i patini di legno, grazie alla loro stazza, erano in grado di fendere l’onda; i nuovi modelli, al contrario, hanno bisogno di una silhouette che armonizzi il superamento dei marosi.
Negli anni d’oro, il patino era talmente in voga da essere amato pure nello star system: Brigitte Bardot ne aveva uno di proprietà; lo scrittore Antonio Moravia, nel suo romanzo "Agostino", racconta le sue vacanze in patino a Forte dei Marmi negli anni Quaranta; e pure la stella del cinema muto Charlie Chaplin si era fatto costruire un patino ai cantieri di Viareggio da tenere nella sua residenza sul lago in Svizzera.
Passata l’epoca della "dolce vita", il fascino del patino inizia a declinare. Perché? "Forse per la competizione con i natanti a pagaia o con i fuoribordo – l’analisi degli esperti –, ma più probabilmente perché il livello di prosperità raggiunto negli anni Ottanta ha dato maggior peso allo status economico che alla brillantezza muscolare. Ma per fortuna, dopo anni passati nell’ombra, il patino sta ritornando sulle coste italiane, per merito dei nostalgici e amanti delle imbarcazioni classiche in legno".
“E non va dimenticato il piacere della lentezza – sottolinea WoodenBoat Magazine –; una passeggiata mattutina d’inizio estate diventa un viaggio onirico, un modo per riassaporare cose semplici e quasi dimenticate. Scivolando sulla superficie del mare, nel silenzio rotto soltanto dal suono dei remi che s’infrangono in acqua, il patino è in grado di creare un senso piacevolissimo di calma e serenità". Basta esserci stati una volta per sapere che è vero: lontano dal frastuono e dalla folla, beatamente cullati dal mare simile a uno specchio, con il ritmico sciabordio della prua che solca le acque. Altro che il rollio del pedalò.