Torre del Lago (Lucca), 16 luglio 2023 - La Bohème sessantottina avrà strascichi ben oltre le previste repliche del 29 luglio e del 10 e 25 agosto. Dalla notte della première diretta dal maestro Alberto Veronesi con una benda nera sugli occhi il consiglio della Fondazione Puccini sta valutando sanzioni contro il musicista. Già a teatro, alle persone che aveva intorno durante uno degli intervalli, il sindaco Giorgio Del Ghingaro aveva manifestato l’opinione che il Festival non avrebbe dovuto pagare l’onorario al direttore. Ieri Veronesi ha dichiarato: "Se cambieranno qualcosa allora toglierò le bende, altrimenti il 29 luglio dirigerò nuovamente bendato".
"Non voglio vedere queste scene". La contestazione di Veronesi contro l’allestimento curato dai due Cristophe, Gayral e Ouvrard, venerdì notte era già su tutte le testate online prima che iniziasse il secondo atto. In teatro la maggior parte del pubblico non ha fiatato, ma da due settori si sono levate voci opposte. "Vergogna" e "Buffone" contro Veronesi. "Vergognoso" contro l’allestimento senza Café Momus all’inizio del secondo atto. Per non parlare dei retroscena. Quando Veronesi s’è presentato bendato sul podio l’orchestra è andata in subbuglio. A un certo punto i musicisti avrebbero voluto andarsene in polemica col direttore. A quanto pare è intervenuto l’ispettore d’orchestra a placare gli animi. E poi, nei successivi atti, Veronesi ha dovuto fare due fori all’altezza degli occhi perché un conto è dirigere senza lo spartito che conosce a memoria. Altro è dirigere l’opera, cosa impossibile se non c’è contatto visivo tra cantanti e direttore, che li deve raccordare col golfo mistico.
Durante la serata ha detto la sua anche il professor Luigi Ficacci, presidente della Fondazione Puccini da un paio di mesi. E ha difeso l’allestimento sessantottino, per quanto il cartellone 2023 sia stato programmato e realizzato non dalla sua gestione, ma da quella precedente. E non dal nuovo direttore artistico Jan Latham-Koenig, ma dal predecessore Giorgio Battistelli, già Leone d’Oro a Venezia. "Amo questa rappresentazione – ha detto Ficacci – C’è la poesia della gioventù e delle speranze, degli ideali che sccombono sempre davanti al potere dei ricchi. Chi da giovane non è andato a una manifestazione perché lì c’era una donna che gli piaceva?", ha concluso riferendosi alla scena in cui Rodolfo e Mimì, invece di raggiungere subito il Café Momus con gli amici, vanno a letto.
Contestazioni e sostegni quindi non sono mancati a nessuno, mentre la serata s’avviava a un finale surreale con gli artisti sul boccascena: da una parte Veronesi e qualche cantante, dall’altra Gayral e qualche altro protagonista, mentre il regista francese s’è poi congedato dal pubblico alzando il pugno pure lui, dopo l’alluvione di cartelli sempre coi pugni che ha concluso l’opera. Dicono sia stata una reazione ironica ai fischi.
"Parlatene male ma parlatene", diceva Amanda Lear quando giocava sul dubbio di essere carne o pesce. Un dubbio che spesso cala su ogni forma d’arte contemporanea. Il primo a dare il via al tormentone cultural-politico della Bohème sessantottina è stato il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi, già una settimana prima del debutto. Nel pomeriggio di venerdì ha diffuso una dichiarazione in cui invitava il di nuovo il maestro Veronesi a non dirigere l’opera. Il maestro è arrivato a teatro tardissimo, mentre da un’ora tanti temevano il forfait (il Festival aveva pronto il sostituto, ma questa è routine). Poi il coup de theâtre, l’ingresso con la fascia nera sulle tempie avvolto dall’occhio di bue, e le parole che hanno scatenato la prima selva di contestazioni. Ora però stanno per arrivare le contestazioni scritte del Consiglio d’amministrazione.