VIOLA CONTI
Cultura e spettacoli

Il dolore che diventa un talento

È uscito il romanzo sulle dipendenze affettive della giornalista e blogger Viola Conti "Perché amo solo chi fugge? Il dolore è un talento " edito dalla casa editrice viareggina Giovane Holden

Viola Conti

Viola Conti

Viareggio, 2 giugno 2023 - È uscito in occasione della XXXV° edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino il romanzo della giornalista blogger e scrittrice livornese Viola Conti “Perché amo solo chi fugge? Il dolore è un talento” edito da Giovane Holden Edizioni, una storia che racconta l'amore che diventa gabbia e si trasforma in una dipendenza affettiva. Tema che riguarda sempre di più i giovani e, in particolare le donne, (nel 99% dei casi, Fonte psicologionline.net) che ripropongono con il proprio partner copioni già vissuti con i genitori o un genitore in particolare di cui hanno ricercato sempre l’affetto con scarsi risultati. Ciò che scatta nella mente di queste donne è la possibilità di ottenere una sorta di risarcimento riuscendo a conquistare l’amore di un partner "difficile" come lo era il genitore. Celeste, la protagonista del libro è una donna adulta che, pur di conquistare l’amore di Luca, il classico artista bello e dannato, arriverà a sminuirsi e a rendersi pericolosa agli occhi di lui, perdendo totalmente il controllo e costruendosi una realtà fatta di false convinzioni, dove l’amore non è altro che il suo bisogno di essere amata, costi quel che costi. Celeste soffre e arriva a pensare che l’amore sia solo dolore. E invece, è proprio da lì che si deve ripartire e rinascere, attraverso un percorso di consapevolezza e crescita personale.

“Il dolore è un talento”, questo infatti è il messaggio dell’autrice, “e va visto come un’opportunità per conoscersi meglio e guardarsi dentro in modo da rompere quelle dinamiche relazionali che ci rendono incapaci di viverlo appieno. Il mal d’amore si può curare ed è un’occasione per imparare ad amarsi di più, ripartendo da se stessi. Amare non è mai un errore, è solo che dobbiamo capire che quando diventa nocivo per il nostro benessere psicologico e ci allontana da ciò che siamo, è bene investire le nostre risorse emotive altrove. Amare è moltiplicare, condividere, vivere insieme “con” e “per” l’altro, non certo sentirsi da meno del proprio partner, diventandone dipendenti. Io stessa ci sono passata e la scrittura è stata la mia terapia. Per questo vorrei aiutare anche chi come me si trova in una situazione analoga e si sente perso. C’ è sempre una via d’uscita dal dolore, basta trovarla e chiedere aiuto se non ce la facciamo da soli. Questo libro, oltre che ad una lettura piacevole per tutti, vuole essere uno strumento di auto aiuto per una maggiore conoscenza di sé, allo scopo di individuare certi campanelli di allarme presenti in una relazione disfunzionale.

A margine del romanzo, infatti, il lettore trova il contributo della mental coach Sonia Veggiotti, milanese, esperta di dinamiche relazionali di coppia e degli adolescenti che, in modo chiaro e semplice, spiega le varie tipologie di dipendenza affettiva, dando consigli utili per uscirne. In questo caso, viene tratteggiato il profilo psicologico dell’ “abbandonica”, ovvero di colei che insegue l’amore impossibile, quello sfuggente, che non dà certezze, il solo secondo lei, in grado di colmare le sue insicurezze e vuoti emotivi e che, invece, inesorabilmente, la farà cadere ancora di più in una voragine di dolore e sentire abbandonata.

Questo è il primo romanzo di un progetto riguardante una serie sul tema delle dipendenze affettive che l’autrice ha intenzione di pubblicare a breve, a seguito del grande interesse e dalle tante testimonianze ricevute sull’argomento, dall’apertura del canale IG “Ospiti in Salotto” (tra i più seguiti di Instagram dai book blogger) dove sono molte le presenze femminili del mondo della letteratura, del giornalismo, dello spettacolo e dell’imprenditoria.

“Ho raccontato con ironia e leggerezza un problema attuale, complesso e molto diffuso” dice la Conti “nella società fluida di oggi, sia per motivi psicopatologici che culturali, dovuti all’instabilità o alla precarietà delle istituzioni relazionali tradizionali (coppia, famiglia) che tendono a selezionare stili di attaccamento ambivalenti o conflittuali e a favorire la formazione di legami affettivi incostanti o deboli. “La storia”, conclude, “è raccontata dal punto di vista femminile, ma anche gli uomini si possono ritrovare in certe dinamiche amorose e capirne l'origine. La cosa che mi ha stupita e, che non mi aspettavo, è che tra le prime recensioni arrivate, sono proprio loro a giudicare la lettura gradevole e interessante “per capire meglio le donne”. Di questo sono molto contenta, perché l’obiettivo è proprio quello di arrivare ad un pubblico più vasto ed eterogeneo, sdoganando lo stesso concetto riduttivo di narrativa femminile che oggi ha poco senso di esistere”.

V.C