Bertolucci, il gladiatore dell’hockey. Da giocatore ad allenatore ha vinto tutto

Dopo l’ultimo scudetto con il Centro Porsche conquistato contro il suo ex Trissino ora si concentra sulla Nazionale... "Poi vediamo"

Bertolucci, il gladiatore dell’hockey. Da giocatore ad allenatore ha vinto tutto

Bertolucci, il gladiatore dell’hockey. Da giocatore ad allenatore ha vinto tutto

FORTE DEI MARMI

Vincenti si nasce e, per quanto riguarda Alessandro Bertolucci, si resta. Quello che è stato uno dei più grandi hockeysti italiani di tutti i tempi, con quasi 30 titoli vinti fra club e nazionale, negli ultimi tre anni, da allenatore di Trissino e Forte dei Marmi, ha conquistato quasi tutto il possibile: 3 scudetti, 2 coppe Italia e 1 supercoppa italiana, 1 Champions e 1 coppa Intercontinentale. Scudetti vinti sedendo sulle panchine delle due contendenti.

Cosa si prova?

"È una grande soddisfazione perché quando vinci in più luoghi vuol dire che alla base c’è un grande impegno. Sono stati successi con squadre diverse: la prima forse più tecnica, mentre nella seconda la differenza l’ha fatta il collettivo e lo spirito di sacrificio. Il secondo titolo di Trissino è stato più facile anche perché con molti giocatori ho lavorato anche in nazionale. A Forte dei Marmi abbiamo fatto una cosa straordinaria e non posso che ringraziare i ragazzi e lo staff che sono stati eccezionali".

Il Trissino è stato un avversario qualsiasi?

"Come avviene da giocatore, misurarsi contro la tua ex squadra non è mai facile, specie se hai lasciato un buon ricordo. Ogni anno è stato particolare: nel secondo scudetto di Trissino volevo lasciare un buon ricordo, visto che sarei passato proprio al Forte e credo di averlo fatto dato che in questi giorni ho ricevuto tanti complimenti proprio dai tifosi veneti. Quest’anno pure ci tenevo a lasciare un bel ricordo e per questo abbiamo festeggiato con tanto entusiasmo".

Quali sono stati i momenti più difficili di questa stagione?

"Ne abbiamo avuti vari, dall’uscita di Attilio Bindi prima della coppa Italia agli infortuni di Ambrosio prima delle finali di coppa e campionato. E poi, in finale, lo 0-2 dopo il primo tempo di gara due, l’infortunio di Ipinazar e il rosso a Gil. Ho avuto la fortuna di guidare una squadra di uomini e l’unione che c’è stata fra noi in questi momenti è stata determinante, altrimenti non avremmo vinto".

Quando hai capito che era fatta per lo scudetto?

"Diciamo che la vittoria a Lodi nella quarta semifinale ci ha fatto capire che potevamo farcela. Nelle finali poi ho visto un Trissino nervoso che, unito alla nostra lucidità, sapevo avrebbe fatto la differenza".

È più difficile vincere giocando o allenando?

"Da giocatore ci si diverte di più, si è più sereni perché sei tu che vai in pista. Da allenatore si soffre di più anche perché c’è da gestire l’ambiente, cosa di cui da giocatore non ti devi preoccupare".

Il futuro immediato è di colore azzurro?

"Ho fatto i complimenti a tutti i ragazzi della nazionale che hanno giocato le finali e che saranno insieme fra pochi giorni per l’inizio della preparazione in vista del mondiale di settembre a Novara. Mi ha fatto piacere sentire che sono già concentrati su questo impegno a cui tutti teniamo tantissimo".

G.A.

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